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Aggiornato: 28 giugno 2025
Per altro, egli non era il momento di trattenersi su quelle frasche. Mandò giù la ingrata sensazione di quel primo incontro con lei; la ebbe anzi per una fisima del suo cervello ammalato, e si presentò al marchese, per dargli ragguaglio della sua legazione.
dal destro vedi quel padre vetusto di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi raccomandò di questo fior venusto. E quei che vide tutti i tempi gravi, pria che morisse, de la bella sposa che s’acquistò con la lancia e coi clavi, siede lungh’ esso, e lungo l’altro posa quel duca sotto cui visse di manna la gente ingrata, mobile e retrosa.
Pascua Pieriis demum resonabat avenis; Atropos heu! laetum livida rupit opus. Huic ingrata tulit tristem Florentia fructum, exilium, vati patria cruda suo. Quem pia Guidonis gremio Ravenna Novelli gaudet honorati continuisse ducis, mille trecentenis ter septem Numinis annis, ad sua septembris idibus astra redit.
Con pochi soldi, diciamo, non perchè questi possano servire a bisogni della vita a soddisfazione di capricci di gioventù, ma per dispetto della ingrata materia e per avversione alla scuola, ragione di lunghi, angosciosi palpiti.
Ecco perchè, a dispetto di tutti i vostri rimproveri, non so pentirmi d'aver contribuito la parte mia a quest'opera di pacificazione e di salvezza morale. Per quanto la mia condotta possa parere ingrata ed egoista verso Cresti e verso mia madre, sento che il mio posto è qui accanto a lui, dove Dio mi ha posta. «A Cresti non potrei dare un cuore, di cui non sono padrona, nè egli lo vorrebbe più.
Le teste delli uditori, al ritmo della melodia petrelliana, ondeggiavano, se bene la voce di Egidio era ingrata; e li occhi si deliziavano, se bene la luce della luna era fumosa e un po’ giallognola.
I vostri sacerdoti dell'Arte pellegrinarono di terra in terra, disseminando per ogni dove forme di bellezza immortale e insegnando come si svolva dal simbolo l'ideale. E quando l'Europa ingrata vi pose in fondo, dividendosi le vostre spoglie, il genio Italiano, prima di velarsi per un tempo, gettò dalla sua croce, quasi pegno di ciò che un giorno potrebbe, un Nuovo mondo all'Europa.
Timaro, fa' portare a questa donna, a casa, un'altra soma di farina; e, se vuole ancor altro qui di casa, dálli quello che vuole. ARTEMONA. Oimè meschina! Vivrò mai tanto che mi sia concesso rendere in cambio di sí larghi doni, non parole, ma fatti? E forse tali che tu sempre cognosca tanto bene non aver fatto, se ben poverina, a donna ingrata.
CRISAULO. Ben l'avev'io pensato: ché la cognosco per la piú crudele, la piú ingrata e scortese che nascesse mai sotto il cielo. Ahi lasso sfortunato! Questo è 'l buon guidardon di tanta fede? Deh non foss'io mai nato! ARTEMONA. Taci, dico. Ascolta. CRISAULO. Sí, s'io posso: ch'io mi sento mancar l'anima dentro. Ma che fia?
Custodisse ancora il suo vizio indocile, la gelosia dell’ultimo suo peccato; fosse ancora per altri, e non per me, una dispensatrice di tormenti, una perfetta e ingaudibile amante; portasse ancora, illeso dal mio desiderio, quella oscura febbre del suo grembo, quel tesoro di ebbrezza non goduta, dopo il quale, forse, non diverrebbe che una povera donna di piacere, irritata e ingrata, come altre mille che si piegano con la bocca fredda, con gli occhi serrati, sotto la forza nemica di un possessore che le opprime.
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