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Il fatto sta che per il gran desiderio che se n'aveva testé, e non avendone allora niun vero, se ne fingevano degli immaginari. Inferocirono subito i francesi in Benevento, nel Regno occupato senza contrasto. Quindi, fin d'allora, a sollevarsi contr'essi l'opinione universale, le speranze ghibelline.

E, gettato da l'uniforme, si slanciò sul conte. Egli si difendeva e, irritato, percosse con lo scudiscio Roberto nella faccia. L'onta, il furore inferocirono il giovane gagliardo. Il conte l'avea ferito in un occhio. Si rotolarono per terra: Roberto, forte come un leone, premeva sempre sotto di il conte, che pur faceva sforzi grandissimi per liberarsi.

Verso il cader del giorno li fecero scendere a terra pesantemente incatenati, e fattili entrare dal portone nella Fortezza, li chiusero separatamente in certe casematte sotto i baluardi del Maresciallo, attendendo il mattino per sacrificarli appena Gian Giacomo avesse abbandonato il Castello. Tra que' prigionieri trovavasi Falco, che per sottrarre il cadavere di Gabriele dal furore dei nemici cadde, come narrammo, stordito da un colpo sul cranio, e fu facile preda ai Ducali, che vedutolo inerme ed annodato inferocirono a lungo contro di lui coi fatti e le parole: ma quel guerriero Montanaro, d'animo quanto ardito altrettanto vigoroso e fiero, tutto sostenne con eroica fermezza: e mai un sospiro uscì dal profondo del suo petto, se non quando, tratto dalle navi a terra, passò, stretto in catene, sotto la volta del portone del Castello di Musso che aveva quasi sempre varcato tornando vincitore di quegli stessi che lo trascinavano a morte. Un soldato che Gian Giacomo teneva presso di se come servo, uomo per indole curioso e indagatore, vedendo dal Forte un movimento giù abbasso d'uomini d'armi Ducali dalle navi al Castello, di cui in quell'ora quasi tenebrosa non appariva la causa, s'adombrò d'alcuna trama, e uscito dalla porta, slisciò pian piano lungo le mura, evitando i Grigioni, sino in fondo della Fortezza, ove appiattatosi vide condur dentro i prigionieri Mussiani, e fra essi riconobbe distintamente Falco: ciò scoperto, si rivolse, e su su rientrò nel Forte. S'ignora s'egli palesasse la cosa a Gian Giacomo, e caso che gliene avesse fatto racconto, non si saprebbe comprendere per quali motivi quel Condottiero rimanesse inoperoso, e non tentasse strada alcuna onde salvare la vita a' suoi guerrieri facendoseli ridonare dal Vestarino. Ciò che è certo si è che trascorsa d'assai la mezzanotte, lo stesso soldato battè all'uscio della camera di Orsola chiamandola istantemente, e venuta questa donna ad aprirgli, le narrò a bassa voce che il marito di lei si trovava in quel medesimo Castello in mano dei Ducali. Orsola fu per isvenire a tale notizia, e appena riebbe la parola, pregò ardentemente quel soldato la guidasse tosto al luogo ove stavano i prigionieri, che avrebbe implorato dalla piet