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Aggiornato: 25 giugno 2025


Parti tu, fuggi sollecito, Guiberto, risponde Alberada smaniosa; ricórdati quanto Roberto sia scaltro, Ildebrando terribile fuggi, ti raggiungerò. Dove? quando? non saresti ancora tu in pericolo, Alberada? Non pensare di me, che vivo sicura sotto l'egida di legato. Non arrestarti nei paesi d'Italia, dove il potere del papa e del duca è illimitato; varca i monti. Ti raggiungerò in Germania.

Alla morte di Stefano, il conte di Tuscolo briga pel vescovo di Velletri, uomo bestiale e caparbio e delle sacerdotali discipline ignorantissimo, e lo fa ungere col nome di Benedetto X. Ma Ildebrando si reca tosto in Germania, e l'imperatore Enrico, a consiglio di lui, sceglie Niccolò II.

Ildebrando sedeva a magnifico seggio dorato negli intagli, sopra cuscini di velluto porporino.

Ildebrando, che con le pupille spalancate ed immobili era restato a guardarla, quasi avesse voluto in quello sguardo racchiuderla, serrarla come la mano del catalettico serra piccolo disco, divorarla con avidit

Questo pontefice fu la mano con la quale Ildebrando gittò le prime fondamenta del suo gran sistema, che poscia si elevò a norma di dritto pubblico e di constituzione teocratica. Niccolò II agiva ciecamente e fiducioso sotto i dettami di lui. Infatti Ildebrando l'indusse nel concilio di Laterano a mandare fuori quel famoso decreto che stabilì il modo da tenersi nell'elezione dei nuovi pontefici, conferendone il potere esclusivamente ai cardinali vescovi, la confirma ai cardinali chierici, l'approvazione al clero ed al popolo romano; togliendo così all'imperatore non solamente la facolt

Ildebrando si accinse all'opera. Dotato di un animo smisurato per aspirare come Catilina sempre a cose eccedenti, incredibili e troppo sublimi, il suo spirito aveva rinvigorito nel silenzio dei chiostri. E lo aveva rinvigorito col concentrarsi in stesso; con l'isolarsi dalle umane passioni, che son pure le umane debolezze; con lo studio ostinato che la mente riscalda come l'attrito riscalda il ferro; con la meditazione che esalta l'intelletto e d

E l'ultimo e il più grande fra loro fu il figlio d'un falegname per nome Ildebrando, frainteso anche oggi dai più. Poi, perchè il regno di Dio non può scendere sulla terra se non per l'opera libera e pur concorde di tutti, quegli uomini tradirono Popoli e Dio, e fornicando cogli oppressori delle Nazioni, diventarono e sono veramente i Vicarî del Genio del Male, da sterminarsi per sempre.

Ciò non mi basta, riprende Ildebrando, mi è d'uopo che tu giuri altresì sull'ostia consacrata il giorno di Pasqua, chiusa in questa reliquia, che se Guiberto non ascolta le tue parole o non crede alle mie promesse, tu tornerai a me; che se egli vorr

Conciossiachè se Alberada ebbe quella delicata di ricondurre il priore sotto le leggi della Chiesa ed a riconciliamento con Ildebrando, Ugone una più difficile doveva compierne, e nel tempo stesso segreta, per modo che la politica del pontefice doveva sentirsi, non dichiararsi di qual si voglia maniera.

Allora il camerario annunzia Sigofredo arcivescovo di Magonza, il quale veniva di Lamagna onde riferirgli di gravi cose. All'udir di costui, Ildebrando, come se stimasse doversi far trovare in attitudine più autorevole di quello starsi addossato ad una finestra, si asside avanti ad un tavolo gremito di pergamene e codici di Santi Padri, ed ordina che fosse introdotto. Sigofredo si reca a baciargli la mano, indi parla: Padre beatissimo, unitamente ai vostri legati presentammo a Nurimberg all'imperatore Enrico i decreti del concilio che vostra santit

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