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Aggiornato: 4 giugno 2025


Era infatti Giunone, la moglie del padrone di casa, la madre di famiglia, che stese la mano per toccar l’ospite sulla fronte, secondo il rito del paese, e gli diede il benvenuto con una frase ch’egli non doveva capire. Damiano rispose con un inchino. Ma subito gli venne un’idea luminosa.

-Ma sai, diss'egli poscia, sviando modestamente il discorso, che tu mi sembri un nuovo Don Giovanni Tenorio! Se la va di questo passo, giungerai presto alle mille e tre. No, questa è proprio l'ultima; esclamò l'Ariberti con accento di convinzione profonda; oramai lo sento, non amerò più altra donna. Figurati, amico mio, una vera Giunone. Ah, questa volta abbiamo dato la scalata all'Olimpo.

Non le diede neanco il tempo di infilzar quattro parole, e senza dir due quattro, le pose le braccia al seno e lasciò che i Greci, i prediletti di Giunone, suonassero a loro posta i guerrieri di Troia. Questo faceva Giove, il re dei celesti. Ora quale dei mortali non avrebbe dimenticato ogni cosa per un sorriso della bella Ginevra, per uno sguardo solo di quelli occhi marini?

Ariberti, all'udire il nome della marchesa di San Ginesio, aveva teso l'orecchio, come un buon cane da fermo quando ha fiutato la starna; e intanto si era fatto vermiglio in volto, come una ciliegia, o, se vi garba, come un collegiale. Una vera Giunone! esclamò il classico Vigna. Non è vero, Ariberti?

Ma non dubitate, Ariberti; rispetteremo la vostra Giunone. Ah, ah! Le giuro, signor conte...

Giunone volse allora lentamente la testa, abbassò le ciglia dal suo Olimpo, e il poeta dei salici, dei pioppi e dei portici, sentì che il suo cuore rispondeva con un palpito all'appressarsi di quella gran luce. Sbirciando colla coda si avvide di ben altro.

Il quale così nel primo modo facendo nel suo primo virile stato divenne; per la quale trasformazione da Giove e da Giunone sua moglie ancor favoleggiando, alcuna volta così fu richiesto, ed essendo l'un coll'altro del diletto carnale in tencione, dicendo Giove che la femmina più che l'uomo di ciò diletto prendea, e Giunone il contrario, e non trovando ragionevolmente chi determinarlo potesse, a lui, perchè maschio e femmina era istato l'uno e l'altro finalmente per tal sentenza si mise; per la quale essendo data contra a Giunone, ella, per vendetta, si come Idea, il detto Tiresia del lume degli occhi incontanente dispose, il quale non possendone da Giove essere atato, perchè, com'egli era, Idea, per grazia e per guiderdone di lui, arte magico incontanente divenne.

Mio buon Filippo! Tu meriti davvero di essere amato; esclamò Ariberti, gittandogli le braccia al collo. E il pensiero gli correva in quel mentre, ma senza gelosia, alla bella marchesa di San Ginesio. Quella severa Giunone amava il suo Filippo; su questo non ci cascava dubbio. Ma questa, per chi conosceva lui e lei, doveva essere la cosa più naturale del mondo.

Leggete infatti, a' piedi d'una Giunone, restaurée en Providenze: «moderni, il naso e la bocca, il collo e le ciocche dei capegli, le due braccia e i due piedi.» E sotto una donna velata, restaurata in Giunone: «la testa antica, appiccicata, non dovette appartenere alla statua, essendo di un marmo diversoSotto una Cerere: «sono moderni, la testa col velo, il braccio destro, la mano sinistra, eccSotto un Apollo citaredo: «testa antica, ma non appartenente alla statua, ed evidentemente di donna.

Ma quel ritratto era andato in mano alla marchesa di San Ginesio; gli occhi di Giunone si erano posati sui versi del suo negletto amatore.

Parola Del Giorno

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