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Chiara di sangue una compagna sola Eleggo taciturna a mio conforto; Dassi de' remi in acqua, il legno vola, Giungo di Rodi lietamente in porto; Quì d'Alfange dimando, altra parola Misera non udii, salvo egli è morto; Ah fossi stata sorda e stata muta, O sommersa nel mar pria che venuta.
Che preferisci? Allora giungo a proposito? Interroga Folco, allegro. Mandato dal cielo, amore mio, per consigliarmi.... Ma il conte ammutolisce d'un subito.
MORFEO. Ah, poltron asino, che m'hai cieco! se ti giungo! O viro probo, arrige aures a quel che dico. GERASTO. O son sordi o dormono. NARTICOFORO. Perché battete quel ostio con tanta veemenzia? GERASTO. Perché ho voglia d'entrare. NARTICOFORO. Voi dovete esser forastiero e l'arete presa in cambio.
Sí che per la soverchia fatica ho una sete ch'arrabio: penso che sia in casa di Alessandro e che apparecchi il banchetto, e tutti mi stieno aspettando. Ecco la casa. O che aura odorata che ne spira, annunciatrice di un eccellente apparecchio! Se non giungo a tempo della battaglia, almeno raccorrò le spoglie de' nemici: tic, toc. ALESSANDRO. Chi è lá? PANFAGO. Amici!
OTTAV. A te rispondo io forse? Tu, Nerone, i miei detti ultimi ascolta. Credimi, or giungo al fatal punto, in cui cessa il timor, né il simular piú giova, ov'io pur mai fatto l'avessi... Io moro: e non mi uccide Seneca:... tu solo, tu mi uccidi, o Neron: benché non dato da te, il velen che mi consuma, è tuo. Ma il veleno a delitto io non t'ascrivo.
Giungo a Milano a mezzanotte. Sciopero di carrozze. Sul piazzale, nella luce azzurra delle lampade velate crocchi di soldati e di prostitute vocianti affaccendate nei contratti erotici. Inquietudine delle notti di guerra in citt
Tu! ruggì egli. Tu, Elenka! Sì, Abd-el-Kerim, ancora io che giungo in tempo per salvarti! L'arabo la guardò cogli occhi strambasciati e nei quali balenava una fiamma d'ira, d'immenso furore. Fermati, Abd-el-Kerim! ripetè la greca. Dove vai? Dove fuggi? Chi ti liberò?... Sciagurata!... Che hai fatto dell'almea? chiese l'arabo con voce strozzata. Non chiedermi conto di quell'odiata rivale.
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