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Aggiornato: 28 giugno 2025


Preso un po' di riposo, traversammo pochi metri a sinistra, indi, per un lastrone ed un facile camino, giungemmo in un ampio canalone, dove si apre una specie di larga nicchia o grotta: qui, non temendo le cadute di pietre, sostammo a rifocillarci. Erano le 9,30, ci sentivamo malcontenti dei nostri progressi. Disegno di L. Perrachio da una fotografia.

Dalla sacrestia andammo al Panteon. Un custode con una fiaccola accesa mi precedette, scendemmo una lunga scala di granito, giungemmo a una porta sotterranea dove non penetrava raggio di luce. Al di sopra di questa porta si legge la seguente iscrizione in lettere di bronzo dorato: «Dio Onnipotente e Grande!

Traversammo il Pescara, vivace corso d'acqua montanino, ricco di trote, largo qui come il Liri a Ceprano. Attraverso questa regione incantevole giungemmo a Pentima, poi sull'altipiano dell'antico Corfinium dei Peligni.

Riguadagnammo la base del Passo Pagarì, sul quale, per un ripidissimo pendìo, giungemmo alle ore 14. Questo passo non offre la menoma difficolt

Giungemmo alla Maksura, che è l'opera più completa e più meravigliosa dell'arte degli Arabi nel decimo secolo. Sul dinnanzi, sono tre cappelle contigue, colla volta ad archi dentellati, e le pareti coperte di stupendi musaici, che rappresentan gruppi di fiori e sentenze del Corano. In fondo alla cappella di mezzo, è il mihrab principale, il luogo sacro dove stava lo spirito di Dio.

I pastori guidarono me ed il mio compagno per sentieri sassosi, finchè giungemmo alla strada mulattiera che conduce alla Certosa di Trisulti.

Mi appoggiai al di lui braccio, e usciti entrambi dal convento, in meno di un quarto d'ora giungemmo all'albergo del Marcuccio. Il Birecchi si fece tosto annunziare alla signora, e poco dopo il figliuolo del Marcuccio ci introdusse nel di lei appartamento. Entrammo in una cameretta rischiarata da pallida luce. La donna era coricata.

Dopo sei ore di cammino, giungemmo al piccolo villaggio di Norma. Esso sorge sopra un altipiano, a fianco di una scoscesa montagna, presso i ruderi ciclopici dell'antica Norba. Norma, Norba, Ninfa sono qui come degli esseri favolosi. I loro nomi risuonano da ogni lato ad ogni istante e svegliano nella mente un mondo fantastico di miti e leggende.

Era notte quando giungemmo alla casa di Sotowski. La luna riflettendosi nel mare calmo come fosse addormentato formava quella lunga striscia di luce tempestata di brillanti che sembra la via delle visioni; le stelle scintillavano. Io gli dissi che ora capivo tutto, lo ringraziai e gli strinsi la mano, lasciandolo forse meno preoccupato del solito, per lo sfogo avuto. Ora sappiamo la causa della mestizia profonda del conte; è strana, ma chiunque sappia cosa sia il rimorso d'aver fatto un gran male morale, anche involontario, la intender

Finii per contare le parole colla precisione d'un avaro, e persuadermi che era affatto impossibile raddoppiare il prezzo del telegramma per aggiungere quel saluto e quel nome. Dio m'è testimonio che l'avarizia non c'entrava, ed avrei dato fin l'ultimo soldo, per poter salutare Gualfardo colla coscienza tranquilla ed il cuore contento. «Giungemmo a Milano sull'imbrunire.

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