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Aggiornato: 3 maggio 2025
Passandomi davanti mi porse la sua manuzza viscida e fredda e mi disse ammiccando furbescamente: Beato chi vi può vedere voi! E senza aspettare invito, si pose a sedere al posto lasciato vuoto da don Sebastiano. Don Luigi colla usata bonariet
Si avvicina di Dottore e gli tira un po' la manica ammiccando furbescamente. Sono «loro»! Sempre quelli, Monsignore! Eh, sì, i vescovi rapitori. Dottore (per sostenere la parte, volto ad Arialdo). Quelli, eh gi
Donato non ha forza di rispondere, ma l'avversario ne indovina gli scrupoli e lo previene: «So quel che mi faccio, dice socchiudendo un occhio furbescamente, so quanto vale il signor Donato, so fin dove posso arrivare senza rischio. E ripete colla stessa dolcissima monotonia: «La rivincita?... Donato ci pensa, ha paura. «Cento lire!...
Poi, avvicinandosi al babbo, Giacomino lo fissò, sorrise furbescamente, e gli sussurrò all'orecchio: Mon père, tanti saluti! Il signor Daniele diventò rosso; e cento domande che avrebbe voluto fargli gli rimasero tutte nella strozza. Non voglio scherzi gli disse poi, col tono severo della genitrice. Vergognatevi.
Gridarono in coro il principale ed i garzoni; e la giovane sgattaiolò lesta fuor dell'uscio a vetri, e sparì nella strada. Che ghiotto boccon di ragazza eh? disse Agapito accennando dietro a Carlotta e strabuzzendo furbescamente degli occhi. Ah, che cara personcina! esclamò il signor Giannello, levando lo sguardo al soffitto. Che fior di roba! sospirò il signor Martino giungendo le mani al petto.
Si fermarono allorchè ebbero sfogato un poco, e si guardarono. Il calzolaio ammiccò furbescamente con certi movimenti del viso. Ho capito, disse il cugino Santo che non aveva capito affatto. È l'ora d'andare da quella carogna di mastro Cruciano, disse mastro Pasquale. Andiamo. Andiamo. E ci andarono.
Intorno a noi, a pochi passi di distanza, stavano seduti i servi, ciascuno tenendo in mano le briglie d'un cavallo o d'una mula. I pittori tirarono fuori i loro album per fare qualche schizzo. Tempo perso! Appena uno di quegli scamiciati si vedeva guardato, o voltava le spalle o si nascondeva dietro un albero o si tirava il cappuccio sugli occhi. Tre, l'uno dopo l'altro, s'alzarono e se n'andarono brontolando a sedere cinquanta passi più lontano, tirando con sè i loro quadrupedi. Non volevano nemmeno che fossero copiati gli animali. Chi non ha visto il signor Biseo in quei momenti, non ha mai visto in faccia la Stizza. Cercò di farli star fermi pregandoli, canzonandoli, offrendo danaro. Fiato sprecato. Rispondevano facendo cenno di no colla mano, indicando il cielo e sorridendo furbescamente come per dire: Non siamo così gonzi! Nemmeno il ragazzo mulatto, nemmeno i soldati della Legazione, cresciuti, si può dire, in mezzo agli Europei, e gi
Barudda, il più notevole dei due, parla continuamente furbesco, e vi accompagna sempre le parole, anzi le sillabe, con suoni sconvenevoli. Gli è un tipo di screanzato. Ha un viso tozzo, avvinato, bitorzoluto, e va quasi sempre in maniche di camicia. Pippía non è altro che un suo scolaro degnissimo; mingherlino, pallido (come il morticino dei vecchi fiorentini) col viso tirato a costa di spatola; va sulle pedate del sozio, quanto a morale, ma in genere non gli contende il privilegio dei suoni anzidetti; del resto parla furbescamente come lui, ma con un vizio di pronunzia che gli fa mettere la lettera Ve dappertutto. Egli, verbigrazia, vi dir
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