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«Così, staccandomi da lui, e dalle care memorie di quel breve passato, io non volgevo lo sguardo indietro, ma innanzi a me; non correvo lontano da lui, ma incontro a lui, e mi pareva che il fischio della macchina irridesse alla societ

Davanti alla casa di Massimo trovammo l'altra carrozza. Dato un fischio «come augel per suo richiamo» si aprì una finestra al terzo piano: Massimo mise fuori la testa, ci fece un segno e cinque minuti dopo le due carrozze uscivano da Porta Vigentina. Come ti senti? chiesi a Massimo ch'era salito nella mia carrozza. Sono grigio borbottò.

Essi erano perduti, dimenticati in fondo al paese. I treni passavano frequentissimi, trascinando gente ignota a ignote fortune; ma in gran parte procedevano oltre, e non rimaneva nell'aria se non l'eco d'un fischio stridente, e qualche latteo globo di vapore.

Entrano vari MARINARI. Su, cuori miei: presto, presto, cuori miei! Forza! forza! Serrate il bompresso. Attenti al fischio del Padrone! Soffia finchè tu non ne possa più, vento mio: finchè abbiamo spazio! Entrano ALONZO, FERDINANDO, ANTONIO, SEBASTIANO, GONZALO. Bravo mastro: mi raccomando di stare attento. Dove è il Padrone? Siate uomini! Fatemi la grazia di starvene giù, per ora!

Nu poco 'e silenzio!... (Tutti tacciono. Si ode un secondo fischio. Tra , sorpreso) Nunziata!... E che sarr

Quando un lungo fischio annunziò che si era in prossimit

Il greco uscì dalla tenda e mandò un fischio stridulo, poi sparò in aria un colpo di pistola. Tosto si vide accorrere verso il campo un selvaggio seminudo, armato di una lunga lancia; in poco tempo giunse alla tenda e fu condotto alla presenza del pasci

In quel punto una palla di piombo, squarciando l'aria con un fischio istantaneo, gli fracassò il collo e la spalla, e lo rovesciò nel Tevere sottoposto. Fu un grido generale, si corse a strapparlo all'onde del Tevere, Un chirurgo attestò che non era morto, e fu così trasportato al suo palazzo. A quest'avvenimento tutta Roma ne fu sossopra.

D'un tratto parvemi che si soffocasse, in quell'aria chiusa e pesante. Balzai in piedi e volli aprir la finestra. Ma il vento irruppe, furibondo. Sollevò alte le tende, agitò e sconvolse le fiammelle delle candele, fischiò attraverso le fessure dell'uscio, e versò dentro un torrente di pioggia. Maledizione! Richiusi dispettosamente, e chiamai Giuseppe, e ordinai il soprabito per uscire.

A questa voce l’infiammato giro si quïetò con esso il dolce mischio che si facea nel suon del trino spiro, come, per cessar fatica o rischio, li remi, pria ne l’acqua ripercossi, tutti si posano al sonar d’un fischio. Ahi quanto ne la mente mi commossi, quando mi volsi per veder Beatrice, per non poter veder, benché io fossi presso di lei, e nel mondo felice! Paradiso · Canto XXVI