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Aggiornato: 3 giugno 2025


Deh! vien, Signor, dove costei ti prega; Fatti Duce de' nostri; indi repente Torna, tonando, ad Ottoman, che prende Lungo piacer de i vinti, e non t'attende.

Quindi discende a l'ultime potenze giu` d'atto in atto, tanto divenendo, che piu` non fa che brevi contingenze; e queste contingenze essere intendo le cose generate, che produce con seme e sanza seme il ciel movendo. La cera di costoro e chi la duce non sta d'un modo; e pero` sotto 'l segno ideale poi piu` e men traluce.

E ch'orribile giogo e di martiri Formidabile scempio ella temea? Quando commossa da superni giri A lor sen venne vedovella Ebrea, E tante aste ferrate e tanti dardi Rivolse in fuga col fulgor dei guardi? Col forsennato duce ella sorride, Per adescarlo sue bellezze adorna, E dove dee bearlo, ivi l'ancide, Quinci col fiero teschio a' suoi sen torna.

Salve, o diva Scïenza; auspicio e duce D'ogni grand'opra; ai santi Regni del Vero e a Libert

con atto e voce di spedito duce ricomincio`: <<Noi siamo usciti fore del maggior corpo al ciel ch'e` pura luce: luce intellettual, piena d'amore; amor di vero ben, pien di letizia; letizia che trascende ogne dolzore. Qui vederai l'una e l'altra milizia di paradiso, e l'una in quelli aspetti che tu vedrai a l'ultima giustizia>>.

Ei ripentito, vola or sull'orme tue; primo ei s'accusa; e tutto svela: ma non men sua pena ne avrá perciò. OTTAV. Quale impostura?... TIGEL. Ei forse l'armata, ond'è duce in Miseno, a un cenno tuo ribellar non prometteati? E dirti deggio, a qual patto? OTTAV. Ahi! lassa me! Che ascolto? Oh scellerata gente! oh tempi!...

Quindi discende a l'ultime potenze giu` d'atto in atto, tanto divenendo, che piu` non fa che brevi contingenze; e queste contingenze essere intendo le cose generate, che produce con seme e sanza seme il ciel movendo. La cera di costoro e chi la duce non sta d'un modo; e pero` sotto 'l segno ideale poi piu` e men traluce.

Al fero, indegno, inusitato aspetto Urlano i vinti; e qual leva le braccia, Qual rompe il brando, e dal ferito petto Strappa le bende, e fra' morti si caccia; Chi tra gli estinti, su' gomiti eretto, Leva in fiero e sdegnoso atto la faccia; Chi schernisce al suo duce, e con amara Voce gli grida: A morir, vile, impara!

Ursa potens mundi, firmo quem torquet ab axe, ursa potens pelagi, qua duce nauta canit.

se del lume ch'in te dal ciel traluce, a l'alma mia non sarai punto avara, spero col raggio di altera duce farmi fiamma di fama al mondo chiara. Te canteran mie rime in ogni parte e diran que' ch'avran più vivo ingegno: qual fu quel foco onde tal lampo uscìo? Amor promette a te ne le mie carte nome immortale. O così fosse degno ne le tue d'aver vita il nome mio! Dello stesso

Parola Del Giorno

trotta

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