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Aggiornato: 23 giugno 2025


Il giorno dopo l'improvvisa recezione di Esmeralda, madre Domitilla, parlando confidenzialmente a suor Dorotea in un'ora dopo il refettorio, le aveva detto: Ma che ne dite, suor Dorotea, della apparizione di quella specie di energumena? Oh! rispose la camarlinga, io non ne so nulla; tocca a voi, siete priora e basta, io non posso aprir bocca su certi argomenti. Ma pure....

Santissima vergine, belava la Dorotea con voce caprettina, menando tuttavia le mani audaci, noi non vi vogliamo mica male, cara sorella; no davvero, ma lo facciamo per vostro bene; proprio per la salute dell'anima vostra.

Ebbene, madamigelladisse Dorotea, dopo averla per qualche tempo fissata, «voi mostrate tanto interesse; quel ritratto, e la vostra fisonomia in particolare, mi fanno pensare che potete realmente prenderne, ch'io vi confiderò cose non mai dette ad altri tranne a mio marito, sebbene molti ne abbiano sospettata una parte.

Dorotea scosse la testa. Emilia l'osservava, e sentivasi penetrata da vivo interesse. «Se ciò non vi affliggedisse Bianca, «fateci la grazia di raccontare qualcosa della marchesa. Signorarispose Dorotea, «se voi ne sapeste quanto me, le trovereste troppo penose, e ve ne pentireste.

Infatti, dopo mezzanotte, giunse Dorotea, e dopo pochi minuti di riposo cominciò così il suo racconto: «Sono ormai venti anni che la signora marchesa arrivò in questo castello. Quanto era bella allorchè entrò nella sala ov'eravamo riuniti per riceverla! Quanto sembrava felice il signore marchese! Chi l'avrebbe potuto indovinare! Ma che dico? Signora Emilia, mi parve che la marchesa fosse un poco afflitta. Lo dissi a mio marito, ed egli mi rispose che sbagliava: non glie ne parlai più, e tenni per me le mie osservazioni. La signora marchesa aveva all'incirca la vostra et

«Vi è un altro ritratto di questasoggiunse, «ed è in una delle stanze chiuse. Fu fatto prima del suo matrimonio, e voi le somigliate assaissimoLa fanciulla mostrò desiderio di vederlo, e Dorotea rispose che non aveva coraggio di entrare in quell'appartamento. Emilia le rammentò che, il innanzi, il conte aveva parlato di farlo aprire.

La Dorotea ch'era ita a chiuder la porta dietro la fanciulla, si sentì paga abbastanza che la cosa fosse riuscita al suo verso; accese la lucernetta di studio del suo padrone, e posta che l'ebbe sullo scrittojo, senza far altre parole, calò per l'interna scaletta nella cucina, e si rimise tranquilla al suo passatempo di sgusciar semi di popone.

Emilia si alzò per esaminarli. Alcuni versi in provenzale, in fondo ai medesimi, le fecero riconoscere la storia di Coriolano. Dorotea essendosi alquanto rimessa, aprì finalmente la porta fatale. Entrarono in una camera cupa e spaziosa. La custode si abbandonò tosto su d'una sedia esalando profondi sospiri, e ardiva appena alzar gli occhi. Emilia osservò il letto ove dicevasi morta la marchesa.

La vecchia Dorotea, la quale, fin dal principio, quando s'accorse che l'abatino non volle prendere da lei l'imbeccata, come le sarebbe tornato acconcio, non parlavagli mai, se non per mortificarlo o dirgli villania, quel , punta dalla voglia di saper come e perchè mai il padrone non fosse tornato ancora, entrò nella saletta, col pretesto di metter ordine a qualche cosa; e cominciò a stuzzicar con mezze parole il giovine Celso, il quale, sprofondato nella sua lettura, non le badava punto poco.

Dorotea allora continuò con voce sommessa: «Vi diceva adunque, signorina, che mi rammentava della prima sera in cui intesi questa musica: ciò avvenne una notte poco dopo la morte della mia cara padrona. Non so per qual motivo non era andata ancora a dormire, e pensava dolorosamente alla marchesa, ed alla trista scena ond'era stata testimone.

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