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Non fate chiasso, lasciate riposare i galantuomini: voi, sapienti, continuò, avete la ruzza; eh! lo credo; a te, Bruto, non mancano persone da imbrogliare, carta da insudiciare, matasse da arruffare; e tu, Catone, hai buon babbo che ti fa le spese: di voialtri canaglia è inutile discorrere, chè il denaro non sapete cosa vi costa ed avete la zizzola allegra; ma io pover uomo ho bisogno di quiete, sono tre notti che non dormo per fare i sigari di contrabbando; almeno questo si chiama essere onesto.

Allora me ne vado tutta sola nella mia camera, e sto per ore ed ore sdraiata in una poltrona, fingendo di dormire per non essere seccata. Ma non dormo affatto, sai, no; chiudo gli occhi per vederti.

Non impicciartene, ti raccomando. Io questa notte non dormo a casa. Debbo far tanta strada!... e trinciò la mano per aria. Lascio però anche il cavallo. Io solo e Domenico. Se torna, favorisci dunque avvertirlo che per le sei partiamo: tenga una lanternetta, quella tale piccola che è molto comoda. E d'altronde, addio. Maddalena volle dargli qualche ammonizione.

Sono preso anch'io dall'ondata e canto con tutto il pubblico come un canotto preso fra i ghiacci veloci di quelle buone bibite napoletane che la mia gola bocca bruciata, beve remando colla lingua. Dormo male con incubi e sobbalzi all'albergo S. Lucia. All'alba di nuovo in carrozza con un mio piano d'uomo geloso e sentimentale. Sei e mezza. Fa fresco. La mia carrozzella è ferma in agguato.

So che il maggio fa seguito all'inverno, E che il torpore è padre all'entusiasmo, E che la vita è un alternarsi eterno D'olezzo e di mïasmo! Come l'aquila anch'io dormo sovente In una grotta una lunga stagione, E nell'ore volgari e sonnolente Annego la ragione...

Bella fortuna! La fortuna che ci manda tutti quanti in malora borbottò rabbiosamente, diventando pallida per la stizza, la signora Maddalena. Poi si calmò. Non si fa un progetto simile... senza dir niente a nessuno, se non c'è il suo perché. Per tua regola, io ho la testa sulle spalle, e ho sempre un occhio aperto, anche quando dormo. Tu hai fatto perdere la testa alla Cammilla; poi, dopo, averla stregata, te ne sei seccato, e per cavartela pulitamente hai pensato di andare in Africa. Gi

PILASTRINO. Queste ghiottoncelle m'han cavato 'l cervel de la memoria in modo ch'io non posso piú, senz'esse, vivere un'ora. TIMARO. E che! Sei innamorato? Di' il vero. PILASTRINO. Se sapessi come m'hanno concio! Non posso piú mangiare o bere, quand'io dormo; o dormir chiuder occhi, mentre ch'io beo, se prima non è vòto il fiasco.

Ecco fatto, disse Ernesta. Ed ora dormiamo... E se non avessi sonno? Sarebbe un peccato... mi piacerebbe che tu dormissi così accanto a me... è un capriccio. Ernesta non rispose. Che fai? chiese Leonardo dopo un breve silenzio. Dormo. Davvero? Mi provo. Succedette un silenzio più lungo, dopo il quale il cieco domandò con un filo di voce: Ernesta! Leonardo. Ah! lo vedi, non dormivi....

Fra le altre cose, l'Ambasciatore gli disse che il Re d'Italia gli aveva mandato il suo ritratto. È un dono prezioso, rispose; e io lo farò porre nella sala dove dormo, in faccia a uno specchio, che è il primo oggetto su cui cadono i miei occhi allo svegliarmi; e così ogni mattina, appena desto, vedrò riflessa l'immagine del Re d'Italia, e penserò a lui.

santo per affliggersene. Ma se io, a vero dire, non dormo meno tranquillamente sotto le censure della Chiesa, i miei vassalli non la pensano come i vostri, Roberto. Così che mi misi alquanto in angustie, e confessai ad Alberada le mie dubbiezze. Ella, che voi sapete quanto sia generosa, si offerse rappattumar tutto col papa, meglio col suo cancelliero Ildebrando. Dell'animo di costui ella aveva capito alcun poco l