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Dieci principali se ne contano, sotto Nerone, Domiziano, Traiano, Marco Aurelio, Settimio Severo, Massimino, Decio, Valeriano, Aureliano, e finalmente la piú feroce e piú universale sotto Diocleziano; imperatori diversi, come si vede, gli uni tiranni, gli altri buoni, altri grandi, e nel numero Traiano il sommo uomo di Stato, Marco Aurelio il filosofo, tutti uniti nella massima di Stato di distrurre la nuova setta.

³⁶⁹ Gregor., 76 sg. Il polemista cristiano ha, certo, ragione quando vuole dimostrare che non era atto di buona politica il tentar di ricondurre il mondo al Politeismo, perchè oramai il movimento cristiano si era troppo largamente diffuso e non sarebbe stato più possibile di fermarlo. I successori di Costantino non potevano che seguirne l’indirizzo. Il ritornare, sia pur temperandola nei modi, alla politica di Diocleziano avrebbe indebolito ancor di più l’impero, rendendogli avversa la maggioranza dei cittadini. Però Gregorio esagera nel parlare dell’opposizione che trovava il tentativo di Giuliano. Intanto, come gi

Ma arti ed opere pubbliche furono neglette nel secolo delle contese e de' moltiplici imperatori; e giá colle lettere si trovano l'arti molto corrotte solto Diocleziano e Costantino, e corrottissime poi al cader dell'imperio. I barbari sopravegnenti non trovarono della coltura antica nulla da corrompere; tutt'al piú, resti da disperdere. Coltura nuova, cristiana.

Rechiamoci alla chiesa di S. Antonio presso le terme di Diocleziano, dove si dirigono in lunga fila cavalli bardati in varie fogge, dove potremo ammirare le carrozze del papa e la sua bella mula bianca, e lo stupendo equipaggio del duca Boncompagni-Ludovisi tirato da sedici cavalli, che l'abilissimo cocchiere guida da solo stando in serpa.

Tuttavia un grand'uomo che si trovi in occasione di tale impresa, non suole, non può tenersi dal non tentarla; e nella storia, ne' giudizi de' posteri resta poi sempre dubbio, se il tentativo abbia ritardata o non forse accelerata la caduta. Ciò avvenne a Diocleziano e Costantino, restauratori, mutatori indubitati dell'imperio.

In nessuna rappresentazione mistica di una religione la morte e i cadaveri ebbero tanta parte; la passione, la crocifissione, la deposizione dalla croce, la sepoltura di Cristo, la sua risurrezione, la lunga schiera dei martiri durante le persecuzioni di Nerone, Domiziano, Decio, Diocleziano e altri imperatori hanno dato al culto cristiano un'impronta funerea, han determinato l'intera concezione della vita e così hanno dato alla vita cristiana, alla musica, alla scultura, alla pittura, l'idea della morte.

Giuliano, pertanto, si trovava davanti una religione potentemente costituita, appunto perchè aveva saputo ellenizzarsi, plasmandosi nelle forme del pensiero antico. Se anche lo avesse voluto, non avrebbe potuto combatterla con la persecuzione. La persecuzione romana contro il Cristianesimo non era stata, da Nerone a Diocleziano, che una coercitio, che un provvedimento di polizia, una misura d’ordine pubblico contro una setta che si credeva pericolosa. Ma tali procedimenti non si possono seguire che da una maggioranza contro una minoranza. Il giorno in cui la minoranza diventa maggioranza le parti generalmente s’invertono, i perseguitati diventano a loro volta persecutori. Nel Cristianesimo l’inversione si era gi

Costantinopoli, ei la fondò, dicesi, per odio a Roma ostinata nella religione antica; ma forse meglio per avere una grande, degna ed opportuna residenza a quell'imperio orientale giá istituito da Diocleziano, giá indispensabile contro ai goti, i piú vicini e piú formidabili minacciatori di tutto il mondo romano.

Ma, prima d’entrare nell’esame dei ragionamenti di Giuliano, vediamo quali fossero le condizioni che hanno mosso l’imperatore a promulgare la sua legge. Non era corso che poco più di un mezzo secolo dai giorni in cui il Cristianesimo sanguinante subiva la terribile persecuzione di Diocleziano, ed ecco che un imperatore, nemico acerrimo del Cristianesimo più ancora di quel che fosse stato Diocleziano, perchè ispirato nel suo odio, non gi

in migliori condizioni di Zara la Venezia della Dalmazia erano le altre piazze e castelli del littorale e dell'interno: «Spalato soggiungeva l'ora detta relazione ha una situazione stupenda per . L'imperatore Diocleziano vi eresse il suo palagio ed ha per appoggi il castello di Clissa per proteggerne il commercio verso l'interno e quello di Sign . Ma Spalato è ora in decadimento ed un nemico può eseguirvi un colpo di mano. Vale perciò meglio per lo Stato di stabilire col