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Con li quali conforti, e altri molti a questi simiglianti, nel quarto dell'Eneida mostra Virgilio essersi Didone ingegnata di ritenere Enea e dalla gloriosa impresa rivolgerlo, come giá assai dal buon principio hanno rivolti al doloroso fine d'eterna perdizione.

Oh! i bei tempi antichi, in cui i convegni galanti avvenivano durante una caccia alle belve, fra lampi e tuoni, come quello di Enea e Didone, nella famosa grotta, da Virgilio splendidamente descritto.

E non erano li lor canti di cose vane, come il piú delle canzoni odierne sono, anzi erano versi poetici, ne' quali d'altissime materie o di laudevoli operazioni da valenti uomini adoperate, come noi possiam vedere nella fine del primo dell'Eneida di Virgilio, dove, dopo la notabile cena di Didone fatta ad Enea, Iopa, sonando la cetera, canta gli errori del sole e della luna, e la prima generazione degli uomini e degli altri animali, e donde fosse l'origine delle piove e del fuoco, e altre simili cose: dal quale atto poté nascere il dirsi che i poetici versi si cantino.

E se non era che Santino da Riva, prigioniero dei finarini in castel Gavone, avesse fiutato nel Sangonetto una schiuma di ribaldo, se non era che Giacomo Pico, meditando del continuo vendetta, avesse dato facile ascolto alle suggestioni del sozio, e tutti poi avessero pigliato a pretesto della loro perfidia il malcontento di parecchi cittadini del Borgo, a cui pesava la lunghezza dell'assedio, chi sa? il marchese Galeotto avrebbe potuto ancor dire per mesi parecchi del suo dominio, ciò che disse Enea della sua patria a Didone: Troiaque nunc stares, Priamique arx alta maneres!