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Aggiornato: 25 maggio 2025


Ma, come noi dovemo certissimamente credere a quello che Iddio dispone niuna cosa contraria la fortuna potere operare, per la quale, e se forse vi può porre indugio, istôrla possa dal debito fine; avvenne che alcuno per alcuna sua scrittura forse a lui opportuna, cercando fra cose di Dante in certi forzieri state fuggite subitamente in luoghi sacri, nel tempo che tumultuosamente la ingrata e disordinata plebe gli era, piú vaga di preda che di giusta vendetta, corsa alla casa, trovò li detti sette canti stati da Dante composti, gli quali con ammirazione, non sappiendo che si fossero, lesse, e, piacendogli sommamente, e con ingegno sottrattigli del luogo dove erano, gli portò ad un nostro cittadino, il cui nome fu Dino di messer Lambertuccio, in quegli tempi famosissimo dicitore per rima in Firenze, e mostrogliele.

Talvolta gli occhi soli seguivano macchinalmente i periodi armoniosi del gran dicitore romano, mentre lo spirito era altrove. Tal altra il pensiero dominante s'addormentava un tratto nel profondo, ma per rifarsi a punger più forte la sua vittima. E allora il libro si richiudeva, e Lorenzo Salvani rimaneva sopraffatto, istupidito dall'interna amarezza.

Il non aver al fatto testimoni, il colorir col pianto un gran dolore, il far di mali scorsi narrazioni, di predizion d'alcun bravo dottore, ed un torrente d'acute invenzioni non giovano al guascon buon dicitore, che sostien solo superfizialmente quel «Non v'è mal, se occulto è fra la gente». Un frate vi direbbe che il peccato accieca l'empio per voler di Dio.

Il cavaliere Robustelli accozzò nella propria casa a Grossotto alcuni Valtellinesi di maggior recapito e di spiriti più vivi e con parole da quel dicitore felice che egli era, discorse i danni ed i pericoli della patria e della religione. Qui gran disparere. Chi esortava ancora a pazienza: come si tollerano le brine ed i rovesci del tempo, doversi tollerare la mala signoria.

Eransi Iacopo e Piero, figliuoli di Dante, de' quali ciascuno era dicitore in rima, per persuasioni d'alcuni loro amici, messi a volere, in quanto per loro si potesse, supplire la paterna opera, accioché imperfetta non procedesse; quando a Iacopo, il quale in ciò era molto piú che l'altro fervente, apparve una mirabile visione, la quale non solamente dalla stolta presunzione il tolse, ma gli mostrò dove fossero li tredici canti, li quali alla divina Comedia mancavano, e da loro non saputi trovare.

E in cosí fatta maniera avendogliele tutti, fuori che gli ultimi tredici canti, mandati, ancora che questi tredici fatti avesse, avvenne che senza farne alcuna memoria si morí; , piú volte cercati da' figliuoli, mai furon potuti trovare; per che Iacopo e Piero, suoi figliuoli, e ciascun dicitore, dagli amici pregati che l'opera terminasser del padre, a ciò, come sapean, s'eran messi.

Li quali con ammirazion leggendo, sappiendo che fossero, del luogo dove erano sottrattigli, gli portò ad un nostro cittadino, il cui nome fu Dino di messer Lambertuccio, in quegli tempi famosissimo dicitore in rima, e gliel mostrò.

Questo amore è ferma credenza di tutti che fosse movitore del suo ingegno a dovere, prima imitando, divenir dicitore in volgare; poi, per vaghezza di piú solennemente mostrare le sue passioni, e di gloria, sollecitamente esercitandosi in quella, non solamente passò ciascuno suo contemporaneo, ma in tanto la dilucidò e fece bella, che molti allora e poi di dietro a n'ha fatti e fará vaghi d'essere esperti.

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