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E c'è da meravigliarsi che fosse lasciato così negletto un testo prezioso per la ermeneutica dantesca: uno fra i più antichi commenti del sublime poema, e che contiene una interpetrazione nuova, con singolarissimo intendimento, per la prima volta or da noi messo in rilievo.

L'immagine seguente ci ricorda un'analoga similitudine dantesca; quella che vien dopo ha pure per noi qualche importanza biografica, perchè, sotto la impressione provata dal poeta Pindaro, reso improvvisamente dubitoso delle sue forze, dopo aver fatto concepire di solenni speranze, sono da riconoscersi i sentimenti particolari che dovea provare il Manzoni divenuto quasi inerte, dopo le lodi forse più ambite che sperate, onde fu coronato il Carme per l'Imbonati; ed anco questi versi, ove l'Autore trae l'espressione dal proprio modo di sentire, riescono pieni di poetica efficacia: Come la madre al fantolin caduto, Mentre lieto al suo piè movea tumulto, Che guata impaurito e gi

A me intanto sembrava obbligo sacro verso Foscolo e la letteratura dantesca di non lasciare che andasse perduta la parte di lavoro compita; e parevami di sentirmi capace di compirlo io stesso seguendo le norme additate da Foscolo nella correzione della prima cantica e immedesimandomi col suo metodo, l'unico, secondo me, che riscattando il poema dalla servitù alle influenze di municipio, toscane o friulane non monta, renda ad esso il suo carattere profondamente italiano.

Le Chiose di Jacopo non recano alcuna data e, per questo rispetto, non si può, neppure approssimativamente, accertare il tempo in cui furono scritte. L'unico modo a scuoprir il posto, che loro spetta nella ermeneutica dantesca, è da ottenersi nello scrupoloso esame del loro contenuto, in un paziente raffronto fra esse e altri Commenti sincroni.

Dietro quel Nume della sua letteratura ha fatto conoscere, come astri di corteggio intorno al sole, una schiera di spiriti pellegrini che svilupparono i germi del pensiero moderno raccolti e chiusi nella sintesi dantesca: Petrarca .....Quel dolce di Calliope labbro Che Amore, in Grecia nudo e nudo in Roma, D'un velo candidissimo adornando, Rendea nel grembo a Venere celeste;

Il definire cosa costituisca il tipo è pressocché così arduo come il definire cosa costituisca una fisionomia. La fisionomia si compone di certe linee particolari e di certi colori; il tipo si compone di certe parole e di certi fatti individuali. Alle volte una parola basta per creare un tipo, come una curva basta per creare una fisionomia. L'angolo acuto è la dominante della fisionomia dantesca; il: Gain, be my lord è la dominante del tipo di Fauconbridge; questi sono i misteri della natura e i segreti dell'arte. Nessuna di queste dominanti nei personaggi della Marianna. L

Si dice questo in grazia di un naso colossale, che è raffigurato dal colmo della montagna, a chi lo guardi da lunge. Quel giorno, si sa, venne in campo la famosa terzina dantesca, dove il sasso di Bismantua è ricordato. Il Poeta passa in rassegna le più difficili strade da lui fatte ne' suoi continui viaggi, per paragonarle alla faticosa salita del suo Purgatorio.

I reporters che hanno visitato l'isola in generale si sono dati alle commoventi descrizioni dei così detti carusi, cioè dei giovani dagli 8 ai 20 anni, che sulle loro spalle traggono fuori dalle viscere della terra il minerale da cui si estrae lo zolfo; e lo trasportano attorno ai calcheroni, nei quali viene fuso e ridotto in pani; descrizioni, che fanno rassomigliare una zolfara ad una bolgia dantesca coi suoi disgraziati abitatori e che di poco si scostano dal vero.

Andava famoso al Caffè Cova per le sue avventure galanti, incominciate sempre con una lezione d'anatomia, allo scopo di ottenere la cura radicale delle opinioni e dei sentimenti delle belle. Si diceva di lui che una volta, dopo d'aver spinto l'innamorata fino alle ultime trincere e costrettala alla resa, aveva rinunciato ai frutti della vittoria, perchè il generale supremo dell'esercito nemico, vulgo il marito, era entrato in sospetto della cosa, se ne sarebbe accorto e ne avrebbe avuto dolore. La clientela del dottore rideva grassamente del gran rifiuto, come lo chiamava con frase dantesca; Agenore lasciava ridere e rispondeva invariabilmente: È questione di principî. L'adulterio è cosa semplicissima; la fisiologia non lo vieta, anzi lo consiglia; è il solo rimedio trovato dalla Natura a quella malattia sociale che è il matrimonio, a patto però che il marito non ne sappia nulla. Se egli lo sa (fragile ed imperfetto come è quasi sempre il nostro organismo), ne avr