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Aggiornato: 28 maggio 2025


Dal Camposanto al caffè, è un bel salto; ma viaggiando se ne fanno anche di più lunghi. I caffè di Barcellona, come quasi tutti i caffè della Spagna, sono un solo vastissimo salone ornato di grandi specchi, con tanti tavolini quanti ce ne posson capire; dei quali è raro che rimanga libero un solo, neanco per una mezz'ora, in tutta la giornata. La sera son tutti pieni, affollati, da dover molte volte aspettare un bel pezzo per avere un posticino accanto alla porta; intorno a ogni tavolino, v'è un crocchio di cinque o sei caballeros, colla capa sulle spalle (un mantello di panno oscuro, munito d'un'ampia pellegrina, che si porta in vece del nostro pastrano); e in ogni crocchio si giuoca al domino. È il giuoco più in voga presso gli Spagnuoli. Nei caffè, dall'imbrunire sino a mezzanotte, si sente un rumore fitto, continuo, assordante, come il rumor della grandine, di migliaia di tessere volte e rivolte da centinaia di mani, che quasi bisogna alzare la voce per farsi sentire da chi vi è accanto. La bevanda più usuale è il cioccolatte, squisitissimo in Spagna, portato per lo più in piccole chicchere, denso come conserva di ginepro e caldo da scorticare la gola. Una di queste tazzine, con una goccia di latte, e una pasta particolare, che si chiama bollo (boglio), morbidissima, è una colezione da Lucullo. Fra un bollo e l'altro, feci i miei studii sul carattere catalano, discorrendo con tutti i Don Fulanos (nome sacramentato in Ispagna come il Tizio fra noi) che ebbero la bont

E i due amici, raccolti i pennelli e prese l'asticciuole e le tavolozze si posero al cavalletto; Costanzo da un lato della finestra, innanzi a una tela vecchia su cui l'abbozzo d'un sant'Andrea Avellino andava sparendo sotto un ritratto di commissione, un volto rubicondo e grassoccio, due occhi piccoli, bigi e senza sopraccigli, una bocca atteggiata a melenso riso, e un mento sotto il mento, proprio la fisionomia d'un arricchito mercante d'olii e saponi; dall'altro lato, Damiano s'allogò dinanzi d'un'ampia tela sulla cui fresca imprimitura vedevasi delineata a franchi contorni la bella creazione ch'egli aveva da tanto tempo vagheggiata nell'ardente pensiero.

Poco dopo che il bastimento s'era mosso cominciò ad alitare una di quelle aurette gentili che scherzano come la manina d'un bimbo col fiocco della cravatta e coi capelli delle tempie; e da prora a poppa si levò un vocío di donne e di ragazzi, come segue in una brigata d'amici al primo chiocco di frusta che annunzia la partenza per una scampagnata festiva. Tutti i passeggieri si radunarono a poppa, all'ombra d'un'ampia tenda variopinta come un padiglione chinese, e chi sedette sui cordami, chi si sdraiò sulle panche, chi si appoggiò al parapetto, ognuno rivolto dalla parte della torre dell'Oro, per godere lo spettacolo famoso e incantevole di Siviglia che s'allontana e dispare. Qualche donnina aveva ancora il viso bagnato delle lagrime dell'addio, qualche bambino era ancora un po' stordito dallo strepito della macchina a vapore, qualche signore non aveva ancora finito di bisticciarsi coi facchini che gli avevan un po' strapazzato i bauli; ma di a pochi minuti tutti si rasserenarono, si cominciò a mondare aranci, ad accender sigari, a far girare fiaschettine di liquori, ad appiccar conversazione cogli sconosciuti, a canterellare, a ridere; in un quarto d'ora fummo tutti amici. Il bastimento scivolava colla soavit

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