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Aggiornato: 9 giugno 2025
Nora non era sorvegliata: Matteo Cantasirena non se ne curava: non era innamorata del suo fidanzato. Essa era una ragazza positiva e ambiziosa: il suo sogno sarebbe stato di spendere, di sfoggiare, di far la gran signora! Francesco Kloss, arricciandosi i baffi, pensava che il sogno era bello, ma costava caro. El vecc! el vecc!... Mio pon amico Casalbara! esclamò con un ghignetto.
Ora non c'era rimedio, bisognava sopportarla come una sventura. La duchessa era molto invecchiata negli ultimi tempi per quei dolori che inutilmente curava col massaggio e con tutti quei rimedi che i medici dei ricchi suggeriscono loro; ella non aveva più la bella energia che aveva conservata fino a tarda et
Ella non aveva una malattia ben determinata; aveva degli accessi di estrema debolezza da cui si rimetteva temporaneamente per ricader poi nella prostrazione di prima. Il medico di famiglia che la curava per amicizia tentennava il capo dicendo: Non ci vedo chiaro. Tanto può durare degli anni, tanto può morire da un momento all'altro. Non lasciatela mai sola.
Il Reagan prese la placca e gliela scagliò sulla testa, dicendo che non si curava di tutte le spie della citt
Chiuse l'uscio della propria abitazione. L'abbandonava per sempre. Chi ci sarebbe andato ad abitare? Che se ne curava? Di chi sarebbero stati i suoi mobili? Che gl'importava?
La ragione, per la quale Fortunata andava mal volentieri in villa Bollati, non è difficile a immaginarsi. Il contino Leonardo, si curava poco di lei e si curava troppo della nipote del gastaldo, la Rosetta, che in brevissimo tempo s'era fatta una bella ragazza.
Per tutto il dì, essa non abbandonò la zia, se non per prepararle il cibo necessario. La signora Montoni lo prendeva per compiacenza, convinta di dover morire fra poco. La fanciulla la curava con tenera inquietudine: ormai non trattavasi più d'una zia imperiosa, ma della sorella di un padre adorato, la cui situazione faceva piet
Malgrado la sua cera assorta, noncurante, le sue distrazioni, il suo silenzio, la gente gli voleva bene. Il direttore se lo teneva caro, sfruttandone il genio inventivo. Bertha lo curava come un grosso bambino inesperto, dandogli sulla voce, carezzandolo, dirigendolo in tutte le azioni della vita in cui si mostrava tanto ingenuo. Lottchen lo disprezzava, lo tormentava e lo amava. I bambini se lo mostravano a dito nella via, gli tenevano dietro, gli saltavano addosso, gli frugavano nelle tasche, era la divina provvidenza per loro. Egli camminava colla testa nelle nuvole, artista innamorato dell'arte, sognatore incorreggibile, con le dita che gli si movevano come se toccassero molle misteriose. L'idea fissa scacciava a poco a poco tutte le altre. Alle volte si stordiva tanto da rimanere inebetito per un paio di minuti; poi nel cervello cominciava una ridda infernale d'idee che cozzavano fra loro, e allora gli operai non avevano il tempo di copiare un modello che gi
Non ne poteva più in chiesa. Si fece largo tra la folla, giunse all'uscio e passò sulla via. Il vento soffiava più forte che mai; la neve scendeva fitta; i passanti procedevano frettolosi; nessuno si curava dell'uomo, che portava sul petto la morte. Un grido, un urlo.
Michele cantava sempre spagnuolo, con quel suo accento americano che fa rabbrividire ogni buon cittadino della Castilla vieja. Ma egli non si curava più che tanto della purezza dell'accento, e tirava innanzi. Dopo la canzoncina di Rosaura, veniva quell'altra: Pescadorcita mia Desciende
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