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Costanza. Quegli che detesti. Mortella. Ah, come puoi dir questo? Costanza. Quando parlava, tu pendevi dalle sue labbra. Quando era per giungere, non contenevi la tua impazienza. Spiavi il suo arrivo dal Belvedere. Ti precipitavi per le scalee a incontrarlo. Mortella. Non è vero. Costanza. Sapevi che gli piacevano le violette di marzo, e passavi ore e ore a cercargliene nel lecceto.

Il fanciullo afferra il suo tesoro senza dir parola e corre a gambe levate giù pel bosco, mentre Costanza e Donato attraversano, a braccetto e pensosi, il viale che dalla chiesa mena a Romanò. Sono passati sei giorni e sta per passare il settimo.

Balza verso il fratello tremante, e gli prende il capo fra le mani. Costanza. Ah, non mi spaventare, Mortella. Per piet

Ma sei tu che m'hai fatto ammattire! A quarant'anni passati, e da un pezzo! Se io ti dicevo.... quella cosa, è perchè vedi! io ti voglio bene.... in un altro modo!... Costanza, mi hai tu perdonato?... -, ! Guarda, io bacio il tuo anello, guarda; così! così! Bacialo anche tu, così! E ti giuro che l'altro....

Orsú, non piú abbracciare e piangere; e non conturbate col pianto cosí desiderato contento. ATTILIO. Padre, mira che non ponno parlare. CONSTANZA. Ed è pur vero, o figlia, che da poi lungo tempo ti riveggia? CLERIA. O madre, come insperatamente vi veggio! Costanza.

Veramente avresti dovuto tu condurmelo, mamma, giacché t’è imposto il cómpito di assecondare il destino. Costanza.

Ma poi che la costanza non è ancora virtù di popoli, e voi seduceva il fascino della novit

A questo sentimento di nostra sincera inalterabile osservanza, non potemo non unire quelli delle speranze che giustamente concepimo, nella costanza e nel vigore coi quali da noi si versa, con profusioni d'oro e di sangue, per far argine alle vaste immagini della potenza ottomana di predominare l'universo intiero, veder anco dal canto della M. V. date le mosse ai proprii vittoriosi eserciti contro potente inimico, per tener abbassato non solo il di lui fierissimo orgoglio, ma per restituire a codesta corona quei stati che con violenta ed ingiusta usurpazione gli sono stati dal medesimo smembrati, onde vagliano le glorie di V. M. a divertire le vessazioni comuni, augurando noi al suo grande merito li avvenimenti più fortunati e le felicit

S'accorsero che donna Costanza era svenuta quando un di loro tornò col lume ch'era andato a prendere nel salotto: la lasciarono stramazzar per terra, e corsero al vecchio che i compagni tenevan per le braccia, e pel petto della camicia. L'infelice era istupidito dal dolore. Signori miei.... balbettava, signori miei.... la mia povera figlia....

Era finita, l'amore non era più possibile; quella donna era indegna d'un amore come il suo; a momenti avrebbe voluto metterla alla tortura per farle confessare che Sammartino era stato il suo amante, per avere il diritto di disprezzarla, per abbandonarla a colui.... No! No!... Costanza mia!...