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DIC. Bisogna replicare, non pure in presenza di due o tre testimonj, ma di molti: e poi anco di tutto il popolo, se tu vuoi scampare il martoro, a che ti condannano le leggi. M'hai promesso di fare tutto quello che io ti comanderò, ed io per questo t'ho promesso non ti mettere nelle mani del Potest

Piegate il capo davanti «all'invisibile daga» della pubblica opinione, colla quale la Francia ridesta e l'Europa condannano a rovina il vostro usurpato potere, e morite, come Orsini moriva, con calma e rassegnazione. Londra, aprile 1858.

Ma d'ogni lusso, d'ogni strapazzo, che si faccia dell'oro, molto maggiore è il consumo che ne fanno; con uso sempre detestabile, quegli avari non solo, che, sottratto dal pubblico commercio, lo condannano in vita alle carceri de' loro forzieri; ma quelli ancora, che, occultandolo di nuovo sotto terra a masse ben grandi, ingiuriano la natura e Dio, che l'ha creato e ci ha dato l'ingegno e gl'indizi per dissotterarlo di dove nasce e valersene agli usi nostri.

Dall'altra parte noi diremo ai governi: «Combattete il male di cui siete artefici, e non l'Internazionale, se ne siete capaci. «I creatori dell'Internazionale e delle rivoluzioni siete voi. Giacchè se voi combattete il vero e la fratellanza umana, non valete più dei preti abbagliati dalla luce, e che condannano alle fiamme chi non crede alle loro menzogne.

Ogni cosa condannano e giudicano secondo el loro infermo parere, perché si sonno aciecati, col proprio amore sensitivo, l'occhio de l'intellecto e ricoperta la pupilla della sanctissima fede che non lo' lassa vedere cognoscere la veritá.

Un altro giorno il duca le disse: Tu ti devi annoiare sovente di codesta vita un po' solitaria, a cui la mia posizione nel mondo ed il ritiro di tua madre col figliuolo alla campagna ti condannano. Tu sai che il tuo mondo non mi seduce enormemente rispose Vitaliana e che i saloni mi attirano mediocrissimamente. Io non ò spirito quanto occorre per regnare.

Noi non abbiamo oggi politica internazionale. Manca a chi regge la fede in una norma morale e nel dovere della Nazione che il Governo è chiamato a rappresentare. Questa assenza di fede, questo oblio della missione Italiana nel mondo, ci condannano a vivere nel presente, senza intelletto della nostra tradizione, senza concetto dell'avvenire, prostrati davanti ai fatti e tremanti di essi. Gli organi governativi scrivono articoli a provare che, caduta la potenza francese, unica politica per noi è il non averne alcuna. Così, tra l'Italia sorta a Nazione e il vecchio Ducato di Modena, di Toscana o di Parma non corre divario: ambi deboli, passivi, senza scopo, senza nome tra i popoli, senza voto efficace nel congresso delle Nazioni, senza potenza iniziatrice di civilt

Hanno ben altri interessi da difendere, i critici pagati! Le esposizioni, i concorsi, la critica superficiale e non mai disinteressata condannano l'arte italiana all'ignominia di una vera prostituzione! E che diremo degli specialisti? Suvvia!

E i legislatori che condannano ai lavori forzati il falsario delle monete, non trovarono la benchè minima pena per punire i falsificatori del vino, che sono causa di gravi mali sociali, che avvelenano i loro simili, che guastano gli stomachi e i cervelli, che producono coliche e delitti!

Bastò questo giudizio dei cardinali ad assolverla davanti alla propria coscienza? Era dessa veramente innocente quale la proclamarono? Fra gli storici napoletani, gli uni la condannano, gli altri l'assolvono, e la sentenza imponente dello storico d'Italia di maggior peso l'addita quale complice almeno del misfatto.