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Aggiornato: 29 giugno 2025
Il giorno che il comitato romano d'insurrezione aveva destinato all'azione era il 22 di ottobre, l'ora del cominciamento le 7 di sera.
Andammo subito al Comitato; non ci era nessuno: se ne domandò la ragione, ci risposero che era domenica; si cominciava benino!
Chi non sente il vero di queste linee ch'io scrivo, non intende le condizioni d'Europa, dell'Italia e dell'Austria. Chi sente quel vero e non opera, non proferisca il santo nome di Patria: ei non l'ha e non la merita. Giaccia tacendo; e non lamenti sì che lo odano gli stranieri; nulla è più esoso del guaito dell'uomo che può rompere, volendo, le sue catene. Il Comitato Nazionale è disciolto.
Segue il signor Visconti Venosta, il quale occupò degnamente le funzioni di segretaria di Farini nell'Emilia ed a Napoli. Oggi egli è membro del contenzioso diplomatico, comitato instituito dal conte di Cavour.
Io non dirò, per ragioni facili a indovinarsi, quello che sotto l'ispirazione del Comitato e la forte instancabile attivit
Sul mio onore. E noi ci avviammo al celebre Comitato che aveva la sua sede sulla piazza della prefettura.
Questi pensieri mi diressero nel nuovo stadio d'agitazione che da Londra iniziai. In Roma, io aveva lasciato, prima d'allontanarmene, le norme necessarie all'impianto d'una Associazione Nazionale segreta, che si ordinava rapidamente. In Londra fondai un Comitato Europeo e un Comitato Nazionale Italiano.
La sede provvisoria del Comitato è in Roma, piazza Trasimeno, 2, alla quale chi voglia può rivolgersi, mediante cartolina con risposta pagata, per chiedere copia dello statuto ed altre informazioni. Sezioni del Comitato possono essere istituite dovunque sieno almeno dieci soci regolarmente inscritti presso il Comitato centrale, e con l'approvazione di questo.
Avanti, march Gridò con voce stentorea il lilliputtiano segretario del comitato... e tutti noi gli si tenne dietro nella stazione.... Vedendo otto vagoni a nostra disposizione fummo colpiti da una dolce meraviglia.
Solo un governo dotato di ardimento, che avesse fatto tutt'uno con la nazione, avrebbe potuto salvare lo stato da cotesta situazione umiliante. Ma i Borboni non vollero mai e non poterono farsi un cuore col proprio popolo, anzi sotto Carlo X la diffidenza verso il paese della Rivoluzione si manifestò sfacciata: «io mi sento interamente elvetico», disse quel cieco principe alla sua guardia svizzera. La grande turba degli emigrati continua come prima a tramare i suoi vecchi bassi intrighi, viaggia per implorare l'aiuto straniero e accusare presso gli stranieri la propria patria. Bergasse, quello stesso matto, che un tempo aveva influito alla corte contro i consigli di Mirabeau, nel settembre del 1820 presentò allo czar un memoriale: che la Francia era il covo di tutte le cospirazioni europee, che la casa dei Capetingi, essendo la più antica delle dinastie, era il principale bersaglio dello spirito settario; che era necessario un congresso che sbandisse solennemente le dottrine dell'ateismo e del sovversivismo, e via di questo passo. Il conte Jouffroy comparve al congresso di Verona come rappresentante di un così detto comitato realista, ed espresse il desiderio, che le potenze orientali guarissero il gabinetto di Parigi delle sue debolezze liberali; e che Villèle dovesse agire come ministro della Santa Alleanza, non gi
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