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Aggiornato: 5 giugno 2025


E altri pieni d'invidia e di veleno, per mostrar che la comedia non dia sodisfazione agli intendenti e che l'hanno in fastidio, empiono di strepito e di gridi tutto il teatro. E che genti son queste poi? qualche legista senza legge e qualche poeta senza versi.

V. P. sciemando. Comincia il XXI Capitolo Così di ponte in ponte altro parlando Che la mia comedia cantar non cura, Venimmo e tenevamo il colmo quando

Dico che il senso della nostra Comedia è simigliante alla carne del paone, percioché esso, o morale o teologo che tu il déi a quale parte piú del libro ti piace, è semplice e immutabile veritá, la quale non solamente corruzione non può ricevere, ma quanto piú si ricerca, maggiore odore della sua incorruttibile soavitá porge a' riguardanti.

La quale, percioché conobbe essere di tre maniere, cioè viziosa, o da' vizi partentesi e andante alla vertú, o virtuosa; quella in tre libri, dal mordere la viziosa cominciando e finendo nel premiare la virtuosa, mirabilmente distinse in un volume, il quale tutto intitolò Comedia.

Appresso piú anni, guardando egli della sommitá del governo della sua cittá, e veggendo in gran parte qual fosse la vita degli uomini, quanti e quali gli error del vulgo, e i cadimenti ancora de' luoghi sublimi come fussero inopinati, gli venne nell'animo quello laudevol pensiero che a' compor lo 'ndusse la Comedia.

CINTIA.... che mi prestiate le vostre vesti, ché vogliam recitare una comedia; e mi servono dalle due ore di notte insino all'alba.... CINTIA.... E se volete venir in casa nostra a vederla, ci onorarete con la vostra presenza.

Or questo è altro che parole del Boccaccio o regole di Aristotele, il qual, se avesse saputo di filosofia o di altro quanto di comedia, forse non arebbe quel grido famoso che possiede per tutto il mondo. Ma tu, che sei goffo, non conosci l'arte.

Dico adunque primieramente che, cercando in assai parti lo intrinseco senso della Comedia, e in assai lo intrinseco e lo estrinseco, si troverá essere semplice e immutabile veritá, non di gentilizio puzzo spiacevole, ma odorifera di cristiana soavitá, e in niuna cosa dalla religione di quella scordante. Dissi, appresso, il paone avere angelica penna, e in quella cento occhi.

Eransi Iacopo e Piero, figliuoli di Dante, de' quali ciascuno era dicitore in rima, per persuasioni d'alcuni loro amici, messi a volere, in quanto per loro si potesse, supplire la paterna opera, accioché imperfetta non procedesse; quando a Iacopo, il quale in ciò era molto piú che l'altro fervente, apparve una mirabile visione, la quale non solamente dalla stolta presunzione il tolse, ma gli mostrò dove fossero li tredici canti, li quali alla divina Comedia mancavano, e da loro non saputi trovare.

Per la qual cosa avvenne un giorno in Verona, essendo giá divulgata pertutto la fama delle sue opere, e massimamente quella parte della sua Comedia, la quale egli intitola Inferno, ed esso conosciuto da molti e uomini e donne, che, passando egli davanti a una porta dove piú donne sedevano, una di quelle pianamente, non però tanto che bene da lui e da chi con lui era non fosse udita, disse all'altre donne: Vedete colui che va nell'inferno, e torna quando gli piace, e qua su reca novelle di coloro che giú sono?

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