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Cosí, tra me stessa parlando in còlera, com'è costume di noi altre vecchie, son giunta a casa de madonna Iulia. Tic, toc. Costoro non ci deveno essere. Tic. Ogni volta ch'io vengo qui me fo prima sentir a tutto el vicinato che me respondino. MALFATTO. Chi bussa? che vòi da la porta nostra? RITA. Chi è quello? ove sei tu? MALFATTO. Son qua. Non ci vedi lume? No, no. Da quest'altra banda.

81 E tuttavia la colera durando, di cacciar tutte per partito prese; poi che gli amici e 'l populo pregando, che non ci uccise a fatto, gli contese: e quel medesmo fe' andare un bando, che tutte gli sgombrassimo il paese; e darci qui gli piacque le confine. Misera chi al castel più s'avvicine!

SQUADRA. Non saria meglio, padrone, sfogar questa còlera sopra Mastica o sopra quel romano, e lasciar questa casa? chi può saper che vi sia dentro! TRASILOGO. Dici bene, mi vo' appigliare al tuo consiglio; potrebbe esser qualche stratagemma, che ci fusse qualche imboscata dentro. Será bisogno venirci ben provisto e tôr prima le difese. Andiamo, ché vo' spianar questa casa da' fondamenti.

86 Lo piglia con molto impeto a traverso: quando lo spinge, e quando a lo tira; ed è ne la gran colera immerso, ch'ove resti la briglia poco mira. Sta in raccolto Orlando, e ne va verso il suo vantaggio, e alla vittoria aspira: gli pon la cauta man sopra le ciglia del cavallo, e cader ne fa la briglia.

Celestina, invece, gli si buttò al collo, tutta intenerita: Che cuore che hai! dopo tutto, bisogna aiutarli, i propri parenti!... Il giorno appresso, Augusto Marinelli, con un dispaccio in mano, entrò come una bomba in casa Tuccimei e gridò a Macario: È morto di colèra alla Spezia lo zio Luciano e m'ha lasciato ventimila lire di rendita. Che fortuna! che fortuna!

TRASILOGO. Ma or che la còlera m'è salita al naso e mi fuma il cervello, ti farò conoscere chi son io. Pecora, asinaccio sei tu. Menti per la gola: questa è mentita data a tempo, non te la torrai da dosso come pensi. Mondo traverso, perché non vieni qua ora? ché ti romperei la testa e ti cavarei col sangue l'anima: tif, taf. Hai paura di me?

PRUDENZIO. In nomine Domini, et tu fac istud tema. E avvertisci ch'io non ritorni nella pristina còlera, ché non sunt in potestate nostra primi motus. MALFATTO. Le prime mete, , sono in potestate vostra. PRUDENZIO. Alla , che te farò trepidare innanzi a noi. MALFATTO. Cancaro! Guarda li piedi!

GRANCHIO. Che colpa ci ha la porta? avete la còlera contro coloro e la volete sfogare sovra la porta? NARTICOFORO. Se mi muovi la stizza, sarai lo primo a pentirti di questi futili vanilòqui. GRANCHIO. O che avessi un che la mi tenesse su le spalle, ché gli vorrei dar un cavallo. NARTICOFORO. Taci, che s'apre da se stessa.

71 Il mordace parlare, acre ed acerbo, gran fuoco al cor del Saracino attizza; che senza poter replicar verbo, volta il destrier con colera e con stizza. Volta la donna, e contra quel superbo la lancia d'oro e Rabicano drizza. Come l'asta fatal lo scudo tocca, coi piedi al cielo il Saracin trabocca.

Tanto più che il triste caso di Fortunata pareva dargli ragione su un altro punto. Questo aveva tutta l'aria di esser colèra fulminante, e anche il colèra fulminante negavano que' caparbi, e pretendevano che in Europa non se ne fosse mai visto. Si trasportò Fortunata nella camera vicina a quella dov'era morto Leonardo.