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Aggiornato: 16 giugno 2025


Suo mandato era, guardare il Po da Brusasco a Gabbiano, difendere la strada militare Casale-Torino, e chiudere gli intervalli esistenti tra la divisione Cialdini che guardava la Dora Baltea, e le batterie di Casale che proteggevano più a mezzogiorno i passi del Po.

Viva il generale Cialdini, vincitore dei Borbonici e dei cafoni al Macerone presso Isernia. Viva il re galantuomo! Prima ingratitudine contro il Liberatore, di cui la serie la palla d'Aspromonte non chiuse. Noi tumultuando urlammo Viva Garibaldi! Rivolemmo ostinatamente l'inno, e l'inno fu cantato e ricantato.

A Firenze il governo era in sconquasso e Giorgio Pallavicino, Crispi, Cairoli, Miceli, De Boni, componenti il Comitato centrale di soccorso, dominavano quasi arbitri la posizione nell'orgasmo nazionale, Cialdini invano cercava calmar Garibaldi in un segreto colloquio con lui in casa Lemmi e non riusciva a raccozzare un ministero.

Ne abbiamo una prova nel famoso dispaccio del Cialdini al Buonaparte: «Noi marciamo su Napoli con quarantamila uomini, a combattervi la rivoluzione personificata in Garibaldi». E che dovevano fare i Volontari? imberbi la maggior parte, poco organizzati, e gi

Frattanto il generale Garibaldi colla brigata sbarcava a Colico il 27 giugno e proseguiva fino a Tirano, dove seppe che il generale Cialdini dovendo ripiegare su Brescia, incaricava lui della difesa degli sbocchi dello Stelvio, Tonale e Caffaro con Rocca d'Anfo, in conseguenza di che il generale affidava al Medici, col secondo reggimento, con un battaglione del terzo comandato da Bixio, colla compagnia carabinieri genovesi comandata dal tenente Chiassi, con una sezione d'artiglieria ed un distaccamento del Genio, la difesa dell'Alta Valtellina, mentre Garibaldi scaglionava in dietro il resto dei cacciatori delle Alpi.

Per questo mancato accordo del generale Cialdini con Garibaldi, l'Urban potè restare impunemente tre giorni sull'Adda, e per altrettanti Garibaldi indugiarsi a Bergamo.

Alla difesa della posizione Ambelicopoli stava la batteria Lentulus, rafforzata da un battaglione di corpi pontificii, di un battaglione di svizzeri e dalle compagnie di Mosti di Ferrara e Fusinato di Schio e del Tirolo italiano. Fu un accanito scambiarsi di palle, di granate, di razzi e di fucilate con esito micidialissimo. Alle 2 pomeridiane il Marchese d'Azeglio comandava un attacco alla baionetta contro i nemici occupanti la collina opposta; il combattimento a corpo a corpo fu accanito, micidiale sopratutto per i nostri che avevano di fronte forze quattro volte superiori; vi rimasero feriti lo stesso d'Azeglio e il colonnello Cialdini, e l'esito infelice fu la causa della perdita della nostra posizione al Monte Berico: i nostri costretti a ritirarsi furono inseguiti da cinquemila cacciatori ed Ungheresi senza che la nostra batteria potesse arrestarli con fuoco a mitraglia per non colpire i fratelli inseguiti d'appresso; giunti gli Austriaci a passo di corsa fino ai nostri, come una valanga li rovesciarono giù dal Monte; tentarono ancora i bravi italiani di fare resistenza sul Monte della Madonna e per i portici, ma tutto inutile, che dovettero ripararsi in citt

Il generale Cialdini avendo assunto l'incarico della difesa delle Valli limitrofe al Tirolo aveva concentrato il nerbo delle sue forze in Valcamonica e come principale punto lo stretto di Breno che mise tosto in stato di difesa.

Parola Del Giorno

cip

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