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Aggiornato: 16 maggio 2025
L'altro girò un poco la penna tra le dita e scrisse: Capitano G. B. Tazza, Monza. Il letto gli parve duro e freddo. Certo stava meglio Carlinetto. L'avvocato Chiodini, in collera con sè stesso prese la strada più corta per andare a casa. Ma sentendo un continuo freddo che gli montava su per la gamba, si fermò e alla luce d'un lampione si accorse di avere una pantofola al posto della scarpa.
Sentite quel che dice: «Caro Battistone, Scrivo a te che vedi gli altri. Giovedì è il giorno di Natale e alla mia Erminia i parenti di Rho hanno regalato un bel tacchino e dodici bottiglie di moscato di Siracusa. A nome dunque di mia moglie, che ha una gran voglia di conoscervi, invito te, don Procolo, il Cavaliere e il Chiodini a farmi onore. Non andate a pensar scuse. Si pranza alle sei.
Non vorrei che la serva si fosse messa in sospetto e avesse fiutato l'intrigo. E quell'animale grazioso e benigno che risponde al nome di Chiodini, perchè non si vede ancora? chiese il padrone di casa. Questo l'ho incontrato un quarto d'ora fa, mentre correva a casa a cambiar le scarpe. Aveva in mano un gran panettone. Mi disse che sarebbe venuto subito. Il campanello sonò.
Il discorso fu interrotto da un gran pugno, che Battistone lasciò cadere sul tre di picche, al qual pugno segui uno schiamazzo indiavolato. Don Procolo aveva arrischiato un asso in seconda, sbagliando il conto dei tresette. Era una sera cattiva. Il Chiodini era più distratto del solito e rifiutava senz'accorgersi d'aver le mani piene di carte del gioco.
Si combinò una lettera collettiva, firmata da tutti e quattro, nella quale si accettava ringraziando: e si combinò che ciascuno porterebbe qualche cosa, chi il vasetto della mostarda, chi il rosolio, chi un mazzo di fiori.... Io gli porterò il panettone disse il Chiodini: e si lasciarono.
M'è capitata l'istessa storia ieri a conto di un cappello nuovo che mi ha portato il cappellaio, che non so più dove l'abbia ficcato. Pigliami dunque col cappello vecchio.... E fa le mie scuse alla tua signora, se vengo a tavola con una pantofola Il Chiodini, sospinto bel bello da Carlinetto, fece il suo ingresso nel salotto, zoppicando.
Senza Carlinetto che sapeva, dirò così, cucire le ciarle degli altri, far la rima e il calembour sulle parole, don Procolo, Battistone, il Cavaliere, il Chiodini erano come tanti organetti senza il manubrio.
Ed entrò il Chiodini con un grosso cartoccio sopra una mano e nell'altra il fiocco del campanello. Tu hai una forza di dopo pranzo, caro mio... Credevo di essere a casa mia dove ho una serva sorda e bisogna sonar forte disse l'avvocato, collocando il grosso cartoccio del panettone sopra una tavola e intascandosi sbadatamente il fiocco.
Parola Del Giorno
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