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Aggiornato: 9 giugno 2025


Io mi muoio di fame e non ho mangiato altro, stamattina, ch'una mezza gallina che v'avanzò in barca. FABRIZIO. Chi trovarem noi che ci meni a casa di mio padre? PEDANTE. Non. A me pare che noi ci andiamo a metter prima in una ostaria, e quivi assettarci un poco e con commoditá poi investigarne. FABRIZIO. Mi piace. Queste debbono esser l'ostarie.

Altro non so che s'assimigli a questa, ch'una gran massa che s'aggiri e torca; forma ha d'animal, se non la testa, c'ha gli occhi e i denti fuor, come di porca. Ruggier in fronte la ferìa tra gli occhi; ma par che un ferro o un duro sasso tocchi.

82 L'altro con più ragion sua spada inchina, e fa spesso al pagan stordir le braccia; e quando ai fianchi e quando ove confina la corazza con l'elmo, gli la caccia: ma trova l'armatura adamantina, ch'una maglia non ne rompe o straccia. Se dura e forte la ritrova tanto, avvien perch'ella è fatta per incanto.

Come volete ch'una donzella, o stimata donzella insin ora, venghi di giorno in casa mia ove non son altre donne ch'una mia balia vecchia e scimonita, e per farsi veder per le fenestre? Ponetevi in suo luogo e siate giudice di voi stesso. ERASTO. Non è ella mia moglie? l'onore e la sua infamia è mia. CINTIA. Vi ponete a pericolo che, scoprendosi un tantino, la perderete per sempre.

La portinaia, suor Maria Modesta, correva al bucherello in gran travaglio, ch'una seconda scossa villana potea gittare in pezzi la campana. Vide Marfisa, e presto apre la porta, ché avea precetto della superiora; poi chiude l'uscio e le fa innanzi scorta, e la conduce come traditora.

che permutasse a tempo li ben vani di gente in gente e d'uno in altro sangue, oltre la difension d'i senni umani; per ch'una gente impera e l'altra langue, seguendo lo giudicio di costei, che e` occulto come in erba l'angue. Vostro saver non ha contasto a lei: questa provede, giudica, e persegue suo regno come il loro li altri dei.

101 Amava il cavallier, per sua sciagura, una donna ch'avea nome Orrigille: di più bel volto e di miglior statura non se ne sceglierebbe una fra mille; ma disleale e di rea natura, che potresti cercar cittadi e ville, la terra ferma e l'isole del mare, credo ch'una le trovassi pare.

DON FLAMINIO. Leccardo mio, come io so medicar i tuoi dolori, cosí vorrei che medicassi i miei! LECCARDO. Non dubitar, ché quando toglio una impresa, piú tosto muoio che la lascio. DON FLAMINIO. Vieni a mangiar meco questa mattina. LECCARDO. Non posso: ho promesso ad altri. DON FLAMINIO. Eh, vieni. LECCARDO. Eh, no. DON FLAMINIO. Fa' ora a mio modo, ch'una volta io farò a tuo modo.

I' vidi, e anco il cor me n'accapriccia, uno aspettar cosi`, com'elli 'ncontra ch'una rana rimane e l'altra spiccia; e Graffiacan, che li era piu` di contra, li arrunciglio` le 'mpegolate chiome e trassel su`, che mi parve una lontra. I' sapea gia` di tutti quanti 'l nome, si` li notai quando fuorono eletti, e poi ch'e' si chiamaro, attesi come.

Cosi` la neve al sol si disigilla; cosi` al vento ne le foglie levi si perdea la sentenza di Sibilla. O somma luce che tanto ti levi da' concetti mortali, a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi, e fa la lingua mia tanto possente, ch'una favilla sol de la tua gloria possa lasciare a la futura gente;

Parola Del Giorno

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