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Aggiornato: 7 giugno 2025


Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d’incenerarti che più non duri, poi che ’n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt’ i cerchi de lo ’nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giù da’ muri. El si fuggì che non parlò più verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: «Ov’ è, ov’ è l’acerbo?».

Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d’incenerarti che più non duri, poi che ’n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt’ i cerchi de lo ’nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giù da’ muri. El si fuggì che non parlò più verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: «Ov’ è, ov’ è l’acerbo?».

Tra le superbe piume aspro minaccia Guerrier centauro di piropo acceso, Che col vigor de le robuste braccia Saetta strai sul fulgido arco teso; nobile arme sotto il mento allaccia, Onde ne vada il capo altier difeso, Indi ampio scudo gli si porge al fine, Che 'n temprarsi stancò regie fucine.

Fra gli altri, il console di Spagna, vestito del grazioso costume della provincia di Murcia, con un pugnaletto alla cintura; il console gigantesco degli Stati Uniti, antico colonnello di cavalleria, che s'alzava di tutta la testa al di sopra della comitiva, e cavalcava un bel cavallo arabo bardato alla messicana; il dracomanno della Legazione di Francia, un uomo di forme atletiche, piantato sopra un enorme cavallo bianco, col quale presentava in certi atteggiamenti i contorni fantastici e poderosi di un centauro; delle faccie inglesi, portoghesi, andaluse, tedesche.

fu spento dal figliastro su` nel mondo>>. Allor mi volsi al poeta, e quei disse: <<Questi ti sia or primo, e io secondo>>. Poco piu` oltre il centauro s'affisse sovr'una gente che 'nfino a la gola parea che di quel bulicame uscisse. Mostrocci un'ombra da l'un canto sola, dicendo: <<Colui fesse in grembo a Dio lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola>>.

fu spento dal figliastro su` nel mondo>>. Allor mi volsi al poeta, e quei disse: <<Questi ti sia or primo, e io secondo>>. Poco piu` oltre il centauro s'affisse sovr'una gente che 'nfino a la gola parea che di quel bulicame uscisse. Mostrocci un'ombra da l'un canto sola, dicendo: <<Colui fesse in grembo a Dio lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola>>.

Era il taxillo una specie di bietta di pino tagliata a modo di cuneo, larga su la base, acuta in cima, e intrisa di trementina e di pece. Il diavolo trasformato in frate domenicano inventò nella Spagna cosifatto tomento. Spagna! Infelice paese dove la superstizione arò così profondo, che, anche in questo moto maraviglioso dei popoli verso il meglio, gl'Iberi paiono condannati a rappresentare per lungo tempo nel mondo la parte di centauro, mezzo uomo e mezzo bestia. Dove sono i figli dei prodi cavalieri, sempre pronti a ferire torneamenti e a correre giostre in onore delle dame? Dove i discendenti degli avventurosi baroni, capaci di sostenere mirabili imprese per uno sguardo della bellezza? Dove i baccellieri di armi, che co' loro gesti famosi somministrarono gentile argomento ai versi di romanzo? Tacciono le armi e gli armori; gli Arabi scomparvero sotto le rovine dello Alambra; a questi splendidi cavalieri subentrarono gl'incappucciati fratelli del Santo Uffizio, nobil gente avvilita, la quale non trovò mezzo altro più acconcio per ripararsi dai tormenti, che farsi anch'ella tormentatrice. Mirate, di grazia, dove l'hanno condotta i frati: nuda fino alla cintura, coperta dello scapulare la faccia, con fruste armate di triboli, stupida e insana si flagella sotto le gelosie delle donne amate, si rimane finchè dalle aperte vene non le sia sgorgata larga pozza di sangue, e di sangue non abbia resa nera la sferza, che poi mander

mai per selva trapassar fiero Centauro in caccia rimirò Tessaglia, Come ei su rapidissimo destriero Nel polveroso pian move in battaglia; Cinto di ricca spada, in atto altiero, Fea per l'aria tremar lunga zagaglia, Coperto il busto di fregiati argenti; E gli altri in campo lo seguian non lenti.

Chirón si volse in su la destra poppa, e disse a Nesso: «Torna, e li guida, e fa cansar s’altra schiera v’intoppa». Or ci movemmo con la scorta fida lungo la proda del bollor vermiglio, dove i bolliti facieno alte strida. Io vidi gente sotto infino al ciglio; e ’l gran centauro disse: «E’ son tiranni che dier nel sangue e ne l’aver di piglio.

Poco più oltre il centauro s’affisse sovr’ una gente che ’nfino a la gola parea che di quel bulicame uscisse. Mostrocci un’ombra da l’un canto sola, dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio lo cor che ’n su Tamisi ancor si cola». Poi vidi gente che di fuor del rio tenean la testa e ancor tutto ’l casso; e di costoro assai riconobb’ io.

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