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Aggiornato: 15 giugno 2025
Dopo questo fatto il Fascio Operaio del quale parlo perchè è come parlare di Costantino Lazzari e il partito operaio subirono le violenze prefettizie e passarono attraverso un uragano indemoniato. Il Comitato Centrale del partito operaio italiano venne sciolto, il Fascio Operaio sospeso e la redazione intiera messa sotto chiave al Cellulare per ottanta giorni.
Tanto è vero che in prigione si soffre del digiuno prolungato, che il 2556 cioè il direttore del Secolo mi disse, la seconda volta che fummo al Cellulare, queste testuali parole che trovo registrate nel mio diario: Una buona novit
Io e Federici ritorniamo a Finalborgo. La «catena» era composta di noi due. Il vagone cellulare era nuovo e non puzzava di biacca. Le celle erano assai più comode delle altre del primo viaggio. I carabinieri non sembravano cattivi diavoli. I ferri erano noiosi, ma non ci pigiavano i polsi come le altre volte.
Il convoglio degli arrestati che veniva verso il Cellulare a piedi suscitava in ogni seno un orrore indicibile. Non poche donne erano state obbligate a chiudere gli occhi come quando si riceve un'ondata di luce in pieno viso. Era una banda che falciava gli ideali di redenzione più modesti.
Mi raccontava che era del tempo sciupato. L'Irlanda aveva altro da fare che occuparsi dei calzoni di O'Brien! A mano a mano che si avvicinavano alla decisione della Cassazione, i colloqui si succedevano ai colloqui in un modo straordinario. Erano parenti, amici, compagni di lavoro che andavano al Cellulare come in processione. Pei condannati, era uno strazio.
Qualche mese dopo, nella quinta camerata del reclusorio di Finalborgo, ricordando questo episodio della nostra vita carceraria, i direttori del Secolo, dell'Osservatore Cattolico e dell'Italia del popolo si strinsero la mano e promisero che, non appena ritornati al largo, avrebbero intrapresa la campagna contro questa abbominazione che si chiama vagone cellulare. L'arrivo al Reclusorio.
Al Cellulare, durante la lunga istruttoria, egli era preoccupatissimo di farsi credere innocente. Di carattere piuttosto esaltato, dava in ismanie, spesso, per convincere la guardia di servizio che egli era veramente mondo di ogni delitto. E quando gli si diceva che se era innocente non doveva avere paura, finiva per disperare della giustizia.
Egli, che si ricordava del vagone cellulare che lo aveva condotto a Finalborgo con degli scotimenti di testa, vedeva avvicinarsi il giorno della partenza con orrore. Gli rincresceva di lasciarsi chiudere in quella specie di cassa da morto. Ma non avrebbe ceduto. No, non avrebbe ceduto! Se il Governo voleva disonorarsi, tanto peggio per lui.
Questa traversata fu un attimo solenne, indimenticabile che fece piangere più di uno dei diciannove che ritornarono in camera carichi di mesi e di anni. La Kuliscioff non ha mai partecipato a questi strazi e a queste consolazioni, perchè la sua residenza rimase sempre al Cellulare. Ne veniva e vi ritornava in brougham, vestita di nero come un funerale.
Callegari Sante. Il Callegari Sante, uno studente di scultura, di diciassette anni, che fece parte del cosidetto «processo dei giornalisti», si è trovato nel vagone cellulare che lo conduceva a scontare i suoi diciotto mesi di casa di correzione, con il Frezza. «La nostra prima tappa, mi disse questo minorenne, doveva essere Bologna.
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