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Aggiornato: 20 giugno 2025


I nostri o non le udirono o fecero i sordi, e portarono a baionettate l'avanguardia nemica sino a mischiarla col grosso delle forze Borboniche che coronavano le alture. Non v'era tempo da perdere, o perduto sarebbe stato quel pugno di prodi e subito dunque si toccò a carica generale, e l'intiero corpo dei Mille accompagnato da alcuni coraggiosi delle squadre, mosse a passo celere alla riscossa.

Il giorno 5 febbraio Palermo libera, dalle armi borboniche, solennizzava alla Chiesa Madre, con l'inno ambrosiano, la sua vittoria.

Non valse ad arrestarlo il fuoco micidiale del forte S. Salvatore e della Cittadella, traenti bombe e mitraglia contro gli assalitori; tutti questi luoghi difesi dalle truppe borboniche dovettero cedere all'imponenza del furore cittadino, mentre i nemici della patria, atterriti e sbaragliati, correvano a gambe levate a cercare rifugio nella Cittadella, unico punto ormai di loro salvezza.

I Mille, per la maggior parte non marini, avean lasciato le nausee di mare, per ingolfarsi nelle stragi delle battaglie, e per sentieri quasi impraticabili eran pervenuti in Palermo, ove cacciando davanti a loro un esercito di ventimila uomini delle migliori truppe borboniche, liberavano la Sicilia intiera in solo venti giorni.

Il fatto è questo, senz'altro: le popolazioni delle campagne volevano la monarchia. Delle due dinastie borboniche la più recente era impossibile per ora, la più antica per sempre. l'una l'altra vantavano un aspirante.

Alle sette con affrettato passo si giunse sul monte che sovrasta a Melito. Sul monte parallelo e separato dal nostro per una stretta e profondissima gola accampava Garibaldi con quattromila uomini. Un grido prolungato di gioia e un agitar di berrette salutarono la nostra venuta. Era la sera del 20 agosto. Giù a mare il Franklin, che trasportò Garibaldi, giaceva arenato, il Torino, fulminato da due navi borboniche, divampava, ed una terza nave mandava a noi un benvenuto di granate e di bombe. Il mattino del 22 eccoci sotto Reggio. Garibaldi, impegnato gi

Da quel momento non ebbero più tregua le provocazioni, le risse fra popolo e truppe borboniche e la sommossa divenne generale. Il bombardamento della citt

Scommetto che il generale, Bixio nell'andarsene bisbigliò a Basso, fa assegnamento di pigliarsi con una scarrozzata le due brigate borboniche. Garibaldi rifecesi brioso e ringiovanì come al padiglione della reggia di Palermo. Nella sua lunga missione di liberatore, quel giorno deve segnalarsi fra i più luminosi perchè dei più decisivi. Calatafimi preluse a Palermo: Reggio a Napoli.

L'emigrato non seppe più nulla della sua famiglia; e la moglie con la figliuolina restarono nel villaggio, straniere, parlanti male l'italiano, fra parenti non malevoli ma rustici. A Ventaroli arrivavano notizie vaghe, paurose: si avanzavano i Garibaldini, si avanzavano i Piemontesi, ma le truppe borboniche tenevano tutta la campagna.

Sopraffatti dalle forze borboniche presso San Giovanni in Fiore il 19 giugno di quell'anno 1844, tratti a Cosenza dinanzi a una Corte marziale, Attilio ed Emilio Bandiera, Domenico Moro e i principali fra i loro seguaci, venivano condannati a morte il 24 di luglio e fucilati il appresso. La Gazzetta privilegiata di Venezia di martedì 6 agosto riproduceva dal Giornale di Napoli l'estratto della sentenza pronunciata ed eseguita. Non una riga di commento, non una parola di compianto pei tre veneziani che pur lasciavano qui tanta eredit

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