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Aggiornato: 7 giugno 2025


Il ottobre, fu il giorno della più difficile, della più terribile battaglia del 1860; Re Francesco era alla testa di 42 mila uomini, quanto vi era di più fresco nei suo esercito; Garibaldi non ne comandava che appena 20 mila. La battaglia di Calatafimi segnò la liberazione della Sicilia; la battaglia del Volturno la caduta materiale della dinastia dei Borboni.

Quella schiera scelta tra i Mille, non contava il numero, le barricate ed i cannoni che i mercenari dei Borboni avevano assiepati fuori di porta Termini. Essa tempestava e fugava al ponte dell'ammiraglio gli avamposti nemici, e proseguiva.

Tutti sanno le mene d'una tentata insurrezione che dovea aver luogo prima dell'arrivo dei Mille, e per togliere loro il merito di cacciar i Borboni, cosa che poteva benissimo eseguirsi, se la codardia non fosse l'appannaggio dei servi.

Voi non avete che a ripetere come un pappagallo. Ripetete, ripetete, e rinunziate a comprendere. Ecco il vostro dovere. Voi ignorate il valore delle parole. Voi non sapete se, dicendo: viva il re! ciò non significhi bello e buono: giù coi Borboni! Voi non siete del comitato, ch'io mi sappia. Io son nulla di nulla.

Bisognava nonpertanto agire. Bisognava ad ogni costo giungere fino al re. Ella aveva dapprima pensato di rivolgersi alla regina. Ma aveva udito parlare con tanto risentimento contro la durezza, l'albagìa, la cattiveria di quell'austriaca, fatale ai Borboni di Napoli, che Bambina si spaventò di trovarsi alla presenza di lei. Preferì il re, cui dicevano più accessibile, assai pio, plebajuolo.

Il brigantaggio, figlio dell'ignoranza e della miseria, fu fomentato dai preti, dai Borboni e dal capo di tutta questa ciurma, il Buonaparte. Caduti gli ultimi, e regolati i primi, non vi sar

Come Cavour diceva, trent'anni dopo ai plenipotenziarî raccolti in Parigi: o riforme o rivoluzioni, la nuova monarchia di Francia diceva ai re titubanti: o accettazione dei Borboni secondogeniti o guerra di rivoluzione. I re accettarono e Luigi Filippo tradì.

La reazione del governo non fu uguagliata che dalla reazione di una gran parte delle classi dirigenti. Queste, che per alcuni mesi si erano ecclissate e rannicchiate in modo da rendersi invisibili, o avevano fatto buon viso a cattivo giuoco, modificando i patti agrari, elevando i salarî, trattando da uomini i lavoratori, non appena il governo si mostrò forte e ristabilì l'ordine, smisero ogni ipocrisia; e gli uomini sciacalli vili nel pericolo ma sanguinarî quando possono esserlo senza timore sono sbucati dai loro nascondigli preparandosi alla riscossa. Ridono delle miserie dei lavoratori, si compiacciono delle fucilazioni e del sangue sparso, inneggiano agli arresti e ai processi. Le promesse fatte durante i tumulti non vengono mantenute, e le concessioni vengono ritirate. I grandi proprietarî riuniti nella sala Ragona di Palermo per cura del loro Comitato promotore, fanno voti perchè l'insegnamento ufficiale dato nelle scuole sia a base morale, e c'è chi nella stessa riunione propone che si abolisca l'istruzione obbligatoria tra gli applausi dell'assemblea! Ecco ciò che le classi dirigenti sanno escogitare e proporre per venire in aiuto degli affamati. Esse si chiariscono degne del loro passato, di quel passato, che fece giudicare al senatore Zini «la Baronia siciliana ignava e superba e non ultima cagione del pervertimento morale, onde volentieri si rigetta tutto il carico sul mal governo dei Borboni»; esse si mostrano degne del governo attuale e questo degno di loro; formando un circolo vizioso nel cui perimetro le oligarchie, alte e basse, trovano modo di rafforzarsi e di sostenersi a vicenda, a tutto detrimento della libert

Classificherò inoltre tra gl'indecisi l'arcidiacono Greco, il quale dicesi rinunziasse ad un vescovado offertogli dai Borboni e che casa Savoja non gli rioffrir

I Borboni di Napoli, maestri anch'essi di ogni specie di camorra, ne proteggevano una, e la stimolavano al loro servizio con ogni specie di favori, concessioni e soldi. Camorra, veramente di genere particolare, che contava come membri i più grandi scellerati del regno. L'origine di quest'associazione di malfattori, proveniva dalle prigioni.

Parola Del Giorno

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