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Aggiornato: 20 maggio 2025


Il fanciullo abbassò il capo, chiuse gli occhi, fece delle braccia al petto croce, e con suono velato rispose: Sorella, guardami su la fronte alla radice dei capelli; vedi la cicatrice che vi porto? La vedi? Sai tu chi mi ha ferito? Io non tel dissi fin qui; ma ora, che mi sento vicino a morire, io te lo posso confessare. Ripensando fra me come Francesco Cènci mi tenesse in dispregio, e sovente mi guardasse di traverso, a me parendo di meritarlo, un giorno, fattomi cuore, gli caddi davanti, e tentai prendergli la mano per recarmela alla bocca. Egli gridò: «va via, bastardo!» e mi diè così forte un pugno nel petto, che mi spinse giù a precipizio a percuotere col capo nello angolo dello armario, ch'ei tiene nel suo studio. Francesco Cènci mi vide svenuto, e tutto intriso di sangue; mi vide, e non mi rilevò. Di qui la ferita; di qui la infermit

Mi travestii da accattone, esaminai diligentemente i luoghi, e nottetempo quatto quatto penetrai in casa, e m'impadronii del danaro. Nel ritirarmi entrai dentro un armario; il curato si sveglia, mi scambia pel gatto, e mi scaglia contro una scarpa, che parve una bombarda; ma non gli successe di cogliermi.

Egli era un bel pezzo che dormiva, quando allo improvviso gli venne rotto il sonno dalla testa da non so quale insolito rumore: balzò a sedere sul letto, e gli parve udire un lieve imprimere di orme sul pavimento; ond'egli ritenendo che il gatto di casa avesse inciampato in qualche masserizia, allungò un braccio fuori della sponda del letto, e presa una scarpa grave di chiodi di ferro e per le fibbie d'argento, la gittò dalla parte donde gli parve che il rumore muovesse; la scarpa colpì in pieno uno armario, che suonò come un tamburo, perchè era vuoto.

Una sera, da una stanza lontana mi giunse un grido di lei, lacerante; e io corsi, e la trovai in piedi, addossata a un armario, convulsa, che si torceva come se avesse inghiottito un veleno. Mi afferrò una mano e me la tenne stretta come in una morsa. Tullio, Tullio, che cosa orribile! Ah, che cosa orribile!

Ella aveva ancora una voce di pianto; e si asciugava la faccia con un fazzoletto, seduta su un divano basso, di contro al grande specchio d'un armario. Il singulto le durava ancora.

Le doglie del parto incominciarono; durarono per un giorno intero con qualche intervallo di riposo, ora più forti ora più deboli, ora sopportabili ora laceranti. Ella stava in piedi appoggiata a un tavolo, addossata a un armario, stringendo i denti per non gridare; o si sedeva su una poltrona e rimaneva l

Morto il cane venne la volta della gatta, delizia di donna Carmina: se mai visse al mondo gatta incolpevole, proprio fu quella; dopo tanti anni di buona condotta le si potè imputare un errore solo: rubare un cacio fresco dallo armario . Ahimè! Anche i santi cascano, e la tentazione superava le forze della gatta; non ebbe rispetto il fiero giudice alla fragilit

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