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Poichè l'avevan ben riconosciuto Al pallore, agli spenti occhi divini, Ai raggio livido Che uscìa da lui, ed al suo labbro muto, E rimaser tremanti, ad occhi chini. Era il povero antico amor, perduto Da tanto tempo, d'ogni speme privo, Disciolto in l'aere!... E fûr trafitti da un rimorso acuto, L'antico amor non era ahimè! più vivo.

Delle sopradette tre qualitadi di ladroni, qui la prima così si figura, cioè in quella che sanza diterminamento di si o di no, con pentimenti s'aopera che da certi serpenti i suoi operanti in sul collo sien morsi e trafitti e finalmente ardendo di loro forma disfatti, ritornandosi di subito in lor primo stato a significar la subita tentazione, che nel luogo diterminato dell'appetito all'operare gli trafigge, e che partendosi dal dovere ragionevole, l'uomo è di sua forma compressionata disfatto, dalla qual cosa pentendosene e ravveggendosene nell'esser di lei poi si ritorna; nella quale alcun per simigliante, come nelle seguenti chiose si conta, così figurato si trova.

«Questi sciaurati». Questo vocabolo è disceso dall'antico costume de' gentili, li quali nelle piú lor cose seguivano gli augúri, cioè quelle significazioni che dal volato e dal garrito degli uccelli, qual buona e qual malvagia, secondo le dimostrazioni di quella facultá, scioccamente prendevano; laonde quelli che malo augurio avevano, erano chiamati «sciagurati»; il qual vocabolo oggi appo noi suona «sventurati». «Che mai», cioè in alcun tempo, «non fur vivi», quanto è ad operazioni spettanti ad uomini, li quali si dican vivere. «Erano ignudi»: questo medesimo si può dire di tutti i dannati, i quali non solamente son privati di vestimenti, ma di consolazione e di riposo; «e stimolati molto», trafitti, «da mosconi e da vespe, ch'eran ivi», cioè in quel luogo. «Elle», cioè i mosconi e le vespe, «rigavan lor di sangue», il quale delle trafitture usciva, «il volto». Chiamasi la faccia dell'uomo «volto», in quanto per quella il piú delle volte si discerne quello che l'uom vuole: e cosí si diriverá da «volo vis», che sta per «volere». «Che mischiato di lagrime, a' lor piedi, Da fastidiosi vermi era ricolto», questo sangue mescolato con le lagrime de' miseri cattivi.

Crivellati di palle erano, e laceri, Con l’aste mutilate, Come trafitti da pugnali innumeri In mischie disperate; Chiazze nere e vermiglie e fumo e polvere Ne copriano i colori: Polve di schioppo o di mitraglia, e giovane Sangue di gladiatori; E molti d’essi, a l’orïente roseo Assurgendo giganti, Nel maestoso volo avean terribili Suoni di ceppi infranti.