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Mandate innanzi pattuglie a speculare i luoghi finalmente a capo dei suoi ufficiali entrava in Roma il generale Oudinot tutt'oro, e penne, ch'era un visibilio a mirarlo; si aspettavano i francesi accoglienze liete, dacchè pochi (egli lo aveva detto) erano i facinorosi che scombussolavano cielo e terra, i Romani veri, deliranti di ricuperare la delizia del governo pretesco, e furono stranamente delusi; urli, fischi, maledizioni a bocca di barile, con timore di peggio. Il Generale Oudinot giunto davanti al caffè delle Belle Arti di un tratto mira una bandiera dei tre colori italiani quivi appesa; parve gli agitassero davanti gli occhi il teschio di Medusa; poco dopo egli infuria e tempestando comanda ai cittadini quinci la removano, rispondono quelli con ingiurie, e con onta e in mezzo all'assordare dei sibili ricorrevano concitate le parole romane: «levatela voi, chè ve pare? non semo i vostri servitori, i vostri servitori non semoAllora cotesto uomo grossiero vie più sbuffando si accosta col cavallo ed afferrata con entrambe le mani la bandiera tira, e tira fra le risa, e gli scherni della moltitudine; però la bandiera ottimamente assicurata non cede; solo si capovolge, ed egli quasi fuori di se dalla rabbia raddoppia gli sforzi invano: il suo cavallo inquieto per lo insolito tramestio volta le groppe, e il cavaliere è costretto a consentire a quel moto senza però lasciare il lembo della bandiera: perchè di un tratto egli apre le mani e l'abbandona? Perchè allibisce egli, e come trasognato abbassa la faccia e ripiglia tutto sbaldanzito il cammino? Gli era comparso, o piuttosto gli sembrò gli comparisse davanti il Garibaldi che torvo lo sogguardasse, e tanto bastava perchè l'anima di costui sbigottisse di spavento. Come accadesse lo strano caso a veruno forse, o a pochi è manifesto, io lo dirò con le parole stesse dell'amico Ripari: egli confidandomi il fatto mi commise tacere di lui, ma io non lo obbedisco fidando non voglia portarmene il broncio; dove mai m'ingannassi lo placher

CLERIA. Padron mio caro, se son caduta in error di troppa amorevolezza, non vorrei cader in opprobrio di troppo sfacciatezza e disonestá; onde vi prego a non far cosa onde giuntamente abbiamo a pentircene, anzi voi stesso debbiate portarmene odio perpetuo.