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CLERIA. Padron mio caro, se son caduta in error di troppa amorevolezza, non vorrei cader in opprobrio di troppo sfacciatezza e disonestá; onde vi prego a non far cosa onde giuntamente abbiamo a pentircene, anzi voi stesso debbiate portarmene odio perpetuo.

Or essendo mia, vo' disponere di voi come di cosa propria. CLERIA. Ma ditemi, signor mio, come io me vi donai tutta, cosí voi intieramente vi donaste a me: or come cosa mia e non vostra, io vi comando che non mi debbiate astringere a questo fallo.

CINTIA. Alzatevi, vi dico, e se dite che voi sète servo, ubidite alla vostra padrona: il castigo e la penitenza sará che se non conoscendomi non mi avete amata, or che mi conoscete debbiate amarmi come io amo voi. ERASTO. Che io non debba amarvi? e comandarmi voi il contrario, come potrei ubbidirvi?

E voi sète giudice e non avvocato che debbiate escusarlo. DON RODORIGO. Perché gli innamorati han l'animo infermo d'amore e la ragione annebbiata da furori, i loro errori son piú degni di scusa che di pena, e la giustizia ha gran riguardo ne' casi d'amore.

Misero me, i' mi dolgo, e tuttavia dilungando mi vo dal mio desio, e per molto desio piango e languisco; e fo col pianto mio col mio languire pianger gli sterpi e fo pietosi i sassi. Fera ventura, veramente fera, che tu diva gentile e 'l tuo fedele esser debbiate eternamente insieme fermo suggetto a dolorose note.