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Ma, Giovanni, tu lo sai se io divida il tuo fuoco, il tuo desio; se al primo volger di una luce fra tante tenebre, or son pochi anni, mi ricacciai in Europa, rividi gli amici; se tentammo: ci parve avere ottenuto alcun che; ma ahimè! nobili ed entusiasti giovani caddero sul patibolo o morirono nelle prigioni o nell'esiglio, ed io miracolosamente salvato feci ritorno in America.

Infine, il ministro dell'istruzione pubblica, signor De Sanctis, è un altro napoletano. Egli era, è forse ancora, filologo di sapere molto mediocre. Dava qui in Torino, nell'esiglio, delle lezioni di letteratura con un certo successo, quando ottenne di andare ad occupare una cattedra a Zurigo. Dopo la rivoluzione del 60 permettete che la onori di questo nome De Sanctis ritornò a Napoli all'insegnamento della gramatica. Garibaldi, che aveva preso l'abitudine a far dei miracoli, lo nominò governatore di una provincia, poi consigliere d'istruzione pubblica. De Sanctis restò a questo posto nove giorni, e fece più egli in quelle poche ore che tutti i suoi successori in nove mesi. È vero che questi successori si chiamarono Piria, Ciccone, Imbriani, vale a dire il consumè dell'impotenza e dell'incapacit

Ma se ogni amica rispondesse al frenetico o forse ipocrita amante: «Tu non devi vivere, ma gioire in me e per me sola, e in me sola confortarti ne' tuoi patimenti: noi dobbiamo fare delle nostre due vite una sola vita più potente d'intelletto e d'amore, un solo continuo sacrificio al grande, al bello, al divino, una sola continua aspirazione, un solo moto verso l'eterno Verose i padri definissero la vita ai figli, non come la ricerca del piacere quaggiù, bensì come preparazione, per mezzo di doveri adempiti, a uno stadio di sviluppo superiore; se le madri, che pur si dicon cristiane, meditassero più sovente e ripetessero ai nati da loro alcune delle parole di Cristo e tutto quel libro de' Maccabei che par dettato per gl'Italiani adempirebbero tutti, meglio ch'oggi non fanno, ai debiti dell'amore, e l'Italia non avrebbe da piangere ad ogni tanto i migliori tra' suoi cittadini spenti ad uno ad uno isolatamente di morte violenta sul palco o di lenta consunzione d'anima nell'esiglio. Parmi che tutti i grandi profeti d'affetto da Platone a Schiller, e sovra tutti i nostri sommi Italiani e fra gl'Italiani Dante, che avea tanto amore nell'anima da infiammarne due o tre delle nostre generazioni pigmee, intendessero quei due santi vocaboli di famiglia e d'amore in un modo diverso assai da quel d'oggi, e parmi che i credenti in un'anima immortale dacchè dei materialisti, nei quali l'amore è necessariamente cosa schifosa o contradizione, non parlo non possono amare se non immedesimando l'amore coll'adorazione del Vero e presentando all'ente ch'essi amano, simboleggiato nell'anima loro, il più alto spettacolo di virtù ch'essi possano. Tolga Iddio ch'io mova il più lieve rimprovero alla madre d'Attilio e d'Emilio: dico solo e vorrei ch'essa potesse leggere queste linee che qui o altrove essa intender

Nato nel 1265, l'anno della calata di Carlo d'Angiò, cresciuto, educato tra i trionfi della libertá fiorentina e della parte nazionale, e insieme in sull'aurora del poetare italiano, in tempi dunque d'ogni maniera propizi allo svolgersi di suo grande ingegno; preso di gentile e puro amore fin dall'adolescenza, infelice in esso fin dalla gioventú, provata poesia, ideato e lasciato il poema giovanile, provata la vita pubblica, e respinto da essa e di sua cittá per quella moderazione di opinioni, per quell'ardenza nel proseguirle che tutti gli animi un po' distinti sentono, che i volgari di qua e di , di su e di giú non capiscono e non perdonano; si rivolse, esulando, allo scrivere, all'idea giovanile, a quel poema di religione, di filosofia, di politica e di amore, il quale, simile nella forma a parecchi contemporanei, supera forse in sublimitá e vigor di pensieri, agguaglia per certo in tenerezza e splendor di poesia ed in proprietá di espressioni i piú belli delle piú colte etá antiche o moderne; ed in tale opera, e nell'esiglio, perseverò poi vent'anni fino alla morte . Noi non celammo l'error politico di Dante, che fu di lasciare la propria parte buona e nazionale perché si guastava in esagerata, straniera e sciocca, di rivolgersi per ira alla parte contraria ed essenzialmente straniera; ed aggiungeremo qui ch'ei pose il colmo a tale errore, protestando di continuar nella moderazione, affettando comune disprezzo alle due parti, mentre rivolgevasi a propugnare l'imperio, e nel poema, e in quel suo libro, del resto mediocre, Della monarchia.