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Pigliamo a modo d'esempio i due vocaboli or piú comuni in Milano, i due aggettivi «classico» e «romantico». Nessuna delle donne da me frequentate sa che cosa voglia dire «classico», che cosa voglia dire «romantico», nella nuova significazione data dai letterati a quegli epiteti.

Anche Ariberti, come il classico Vigna, si sentiva a rispondergli che c'erano in italiano almeno dieci vocaboli per esprimere tutte le gradazioni d'un sentimento, anzi meglio, i vari sentimenti che i francesi sono costretti ad esprimere con quel vocabolo solo; la qual cosa, a dir vero, non fa testimonianza di molta ricchezza nel tesoro filologico dei nostri vicini d'oltralpe.

Ordine, sodalizio, compagnia, e simiglianti, non sono vocaboli adatti a significarvi che cosa fossero i nostri Templarii di Genova. Essi erano, o, per dire più veramente, formavano un quid, che sfugge a tutti gli uncini, a tutte le strette della definizione. Anzitutto, perchè si chiamavano Templarii?

Triste cosa, facile a dirsi, come il nome scientifico di certe orride malattie, solo che s'abbia dimestichezza colla struttura dei vocaboli greci e latini, ma terribile a sentirsi, chi n'abbia dentro di la malnata radice! Vivere, ombra eterna, accanto ad una donna fieramente amata; non poterle dir nulla: non vedere, non sentir nulla che raggi da lei e risponda alla fiamma che vi consuma; ardere e sentir freddo dintorno a voi; la vostra energia sempre viva e gagliarda spandersi da tutti i pori come un fluido magnetico, ma non poter correre una spanna più oltre, aggrumarvisi intorno, come il vostro alito denso in una regione di ghiacci eterni; orribile vita! Forte al cospetto del mondo, anima nata per comandare altrui, Bonaventura era debole innanzi a quella donna, non più giovine, gi

La lingua ebraica ha tre vocaboli per designare questa classe di diseredati: Evion, derivante dal verbo av

E oltre a questo, accioché queste parole potessero avere piú d'efficacia, vollero che fossero sotto legge di certi numeri, corrispondenti per brevitá e per lunghezza a certi tempi ordinati, composte, per li quali alcuna dolcezza si sentisse, e cacciassesi il rincrescimento e la noia; e questo non in volgar forma o usitata, come dicemmo, ma con artificiosa ed esquisita di modi e di vocaboli, convenne che si facesse.

È una delle mie vecchie cantilene, che non mi lasciano mai, come certi dolori aromatici che ho buscati laggiù. Michele intendeva di parlare di dolori reumatici; ma la corretta pronunzia di certi vocaboli non era il suo forte. Povero Michele! soggiunse la giovinetta, non badando ai dolori aromatici, ai quali era avvezza, come a tanti altri suoi lapsus linguae.

Una volta levò la manina, s'atteggiò, pronunziò quei brevi vocaboli incomprensibili che sono della incoscienza infantile e delle bocche che non sanno parlare. La ciambella fu mangiata tutta. Il piccino aveva fame. Raccolse perfino le miche cadutegli nel grembialetto. Pareva soddisfatto.

La poesia de' primi è «classica», quella de' secondi è «romantica». Cosí le chiamarono i dotti d'una parte della Germania, che dinanzi agli altri riconobbero la diversitá delle vie battute dai poeti moderni. Chi trovasse a ridire a questi vocaboli può cambiarli a posta sua. Però io stimo di poter nominare con tutta ragione «poesia de' morti» la prima, e «poesia de' vivi» la seconda.

§ III. Delle danze o dei balli. Danze e balli sono vocaboli sinonimi, che esprimono certi modi di divertimento o di ricreazione, noti a tutti.