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Ora, il mito di Cibele o della Madre degli dei è, per Giuliano, la rappresentazione simbolica del procedimento pel quale l’idea si concretizza nella materia e ritorna poi alla sua essenza primitiva. È noto che, secondo la leggenda, Cibele, innamorata castamente di Atti, gli aveva imposto di non conoscere donna alcuna. Ma Atti s’era invaghito della ninfa Sangaride, e, penetrando nell’antro, dimora di lei, le si era congiunto. Da qui lo sdegno di Cibele, a placar la quale, Atti aveva dovuto evirarsi, dopo di che egli era stato riammesso agli onori di prima. È noto anche che questa storia era, in origine, un mito naturalistico, che rappresentava il succedersi delle stagioni, mito che, come era avvenuto di tanti altri, era poi stato umanizzato e drammatizzato dalla fantasia orientale ed ellenica. Giuliano pretende di veder, in quel mito, l’espressione di un concetto filosofico, e, per riuscire a dimostrarlo, lo tormenta con una sottigliezza di interpretazione bizzarra e faticosa. Tuttavia, anche qui non è privo d’interesse il cogliere lo sforzo che questi rinnovatori del Paganesimo andavan facendo per introdurre nei miti antichi un pensiero che questi non potevano contenere, per versare propriamente del vino nuovo in vasi vecchi, gi

Giuliano non era un reazionario come alcuni, sopra false apparenze, lo vollero giudicare. Giuliano desiderava la conservazione del Politeismo, perchè vi vedeva il balsamo che avrebbe salvato l’Ellenismo; ma non voleva il Politeismo col significato naturalistico o con le forme nazionali di un tempo chiuso per sempre. Voleva riformarlo, organizzarlo a seconda delle esigenze dei tempi nuovi. Ma, se Giuliano non era un reazionario, egli era però nell’antitesi più recisa con quel che oggi si chiama il libero pensiero. In questo egli era davvero l’uomo del suo tempo. Aveva un’inclinazione alle speculazioni metafisiche, ma aveva la negazione dello spirito scientifico. Nessuno ha più di lui riconosciuta la necessit