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Disse che non gli pareva buon segno questo aver bisogno di far tante cose per passare il tempo. La vita per sola è dunque un supplizio per noi, che non possiamo stare un'ora senza far nulla, senza distrarci, senza affannarci a cercare divertimenti? Abbiamo paura di noi stessi? Abbiamo qualche cosa dentro che ci tormenta?

A me non mi importa niente di lasciar quella casa dall'oggi al domani. Non sono imbarazzata punto punto a trovarmi un ricapito, io; e se per poco mi si tormenta, affè li pianto! Benissimo! esclamò Giannello. Oh lei è una giovane ammodo: osservò Martino.

Perchè, perchè non lo lascia in pace! diceva ai suoi amici fidati con i quali si confidava. Lo tormenta tanto che lo riduce vecchio e nullo.

Ora, o Ignota, pregando io vo che il sozzo urlo de la plebea folla loquace s’acqueti intorno al tuo bel corpo mozzo; ora che dormi finalmente in pace, e il cieco infurïar della tormenta che turbinando ti travolse, tace; .... e perchè più non gema e più non menta le divoranti fiamme arser l’impura bocca

A tempo per ben discernere nella tormenta rossa, e, malgrado il suo orrore per il sangue, invocar la guerra contro i barbari, come la sola via di onore aperta all’Italia. Ma nulla volle vedere più. In una pallida alba di gennajo, stesa sul letto d’una camera umile come una cella, volse in silenzio la testa contro il muro

Il mare, loro nemico, loro potenza e loro gloria, che sovrasta alla loro patria, che la tormenta e la teme, ed entra da mille parti e in mille forme nella loro vita; quel Mare del Nord turbolento, pieno di colori sinistri, illuminato da tramonti di una mestizia infinita, che flagella una riva desolata, doveva soggiogare la immaginazione degli artisti olandesi.

L'ho aspettata con ansia la primavera, per lavorare quassù al tepido, all'aria dolce, ed oggi mi sento che il marzo e l'aprile vengono a spossarmi funestamente. Non ho più la speranza in Te che mi consoli: ho la tua memoria che mi tormenta. Ho bevuto stanotte molto bromuro di potassio. E come sono turbato! Devo fuggire da questo mio studiolo. Quanta tristezza! Dove vado?

Ho tentato di riassumere questo poema lirico di una anima solitaria, che si tormenta fra le strette del sillogismo e del sentimento, citando il più largamente possibile per dare ai lettori un'idea approssimativa non soltanto dei concetti ma anche della forma.

O mio tranquillo cimitero di Limbiate, ti amo! O miei boschi! o pini! Purchè io sia tra voi o mi imagini di essere tra voi, il mio cuore si esalta, l'anima mia diventa buona, e nelle speranze di un di e nelle delusioni d'oggi, il mio desiderio è desiderio di pace e di amore, il mio ingegno si sveglia e mi tormenta e mi fa delirare sempre inconcreto, sempre senza via, sempre senza certezza di scopo. O mio cimitero! Ti vedevo tutti i giorni quando pensavo all'amore! Ti ricordo ogni volta che qualche amico ride o qualche femmina sogghigna! Come si amano i propri dolori! Il cimitero vecchio non serve più per le tumulazioni: ebbene amo gi

È vero, l'amica nostra è felice: s'è maritata, è vero, secondo i riti de' gandharvas ad uno sposo pari a lei per dignitá e per meriti. Eppure il cuor mio non è senza angustie per amore di Sacontala, e mi tormenta un dubbio... |Priyamvada|. E che dubbio è il tuo, Anusuya? |Anusuya|. Questa mattina, compiute le mistiche cerimonie, i nostri eremiti pieni di gratitudine diedero commiato al re.