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L’impresa tentata dall’imperatore Giuliano di fermare il Cristianesimo e di far tornare il mondo al Politeismo ellenico, di sostituire l’Ellenismo al Cristianesimo, è interessante perchè è un sintomo ed una prova della corruzione in cui era caduto il Cristianesimo stesso, quando, al sicuro della persecuzione ed, anzi, riconosciuto come istituzione legale e come strumento di regno, non ebbe più intorno a quelle condizioni a cui era dovuta la sua virtù. Ma l’impresa di Giuliano è condannabile dal punto di vista filosofico e storico. Dal punto di vista filosofico perchè non indicava neppur lontanamente un pensiero che accennasse ad uscire dalla ferrea cornice delle idee del tempo, non rappresentava che un atteggiamento, lievemente diverso, di un pensiero che, nel fondo, restava identico a stesso, tendeva, anzi, a sprofondare sempre più la ragione umana nelle tenebre dense e non rischiarabili dell’irrazionale ed a sostituire al fecondo principio religioso del Cristianesimo lo sterile formalismo di larve senza vita. Non ebbe nessun valore storico, perchè passò come un sogno effimero; non lasciò e non poteva lasciar traccia alcuna. Non fu che un segno dei tempi, un segno che il mondo antico precipitava a rovina, e che, sulla rovina, sarebbe rimasto ritto solo il Cristianesimo, vincitore dei barbari stessi, ai quali avrebbe trasmesse le misere reliquie di una civilt

Forse, allora, riusciremo a comprendere come un uomo, il quale ha portato sul trono imperiale un tesoro di virtù e d’intelligenza, abbia potuto credere che l’abbattere il Cristianesimo e il risollevare l’Ellenismo fosse un’impresa doverosa e degna di lui. Il valore dell’uomo è l’elemento che rende estremamente interessante lo strano episodio di cui egli è stato l’eroe.

Di singolare importanza, per la conoscenza delle intenzioni di Giuliano, è la lettera da lui diretta ad Arsacio, gran sacerdote di Galazia. Eccola: «L’Ellenismo non opera nel modo che noi vorremmo, per colpa di coloro stessi che ne fanno parte. Eppure la situazione è per gli dei splendida e grande, migliore di quanto potevasi sperare. Poichè chi mai avrebbe osato sperare, in breve tempo, una tanta e tale conversione? Ma noi non dobbiamo credere che ciò possa bastare, e chiudere gli occhi al fatto che al progresso dell’empiet

Noi, dunque, abbiamo visto come Giuliano cercasse di rovinare il Cristianesimo, dimostrando la debolezza della sua base storica e le contraddizioni in cui cadeva con le premesse da cui pretendeva discendere. Ma, se Giuliano si fosse limitato a questo lavoro negativo, il suo tentativo non avrebbe avuto nulla di speciale in confronto a ciò che avevan fatto Celso e Porfirio e forse altri ancora rimasti ignoti. Ora, Giuliano voleva fare qualche cosa di più. Voleva tener ritto il Politeismo antico, che per lui rappresentava l’Ellenismo, la civilt

Finchè Giuliano visse sotto le minacce di Costanzo o come suo rappresentante nel Governo della Gallia, egli tenne celate le sue idee, la sua fede ed i suoi eventuali propositi, dato che un giorno avesse in sua mano la somma delle cose. Durante tutti quegli anni di necessario infingimento, il giovane entusiasta, che, in mezzo alle cure della guerra e del governo, non dimenticava mai lo studio e la meditazione, s’infervorava nel suo amore per l’Ellenismo, nel suo desiderio di poterlo salvare dalle minacce del Cristianesimo invadente, con un ardore intimo, reso, direi quasi, più intenso dall’impossibilit

Giuliano non era un reazionario come alcuni, sopra false apparenze, lo vollero giudicare. Giuliano desiderava la conservazione del Politeismo, perchè vi vedeva il balsamo che avrebbe salvato l’Ellenismo; ma non voleva il Politeismo col significato naturalistico o con le forme nazionali di un tempo chiuso per sempre. Voleva riformarlo, organizzarlo a seconda delle esigenze dei tempi nuovi. Ma, se Giuliano non era un reazionario, egli era però nell’antitesi più recisa con quel che oggi si chiama il libero pensiero. In questo egli era davvero l’uomo del suo tempo. Aveva un’inclinazione alle speculazioni metafisiche, ma aveva la negazione dello spirito scientifico. Nessuno ha più di lui riconosciuta la necessit

Questa teoria platonica della preesistenza delle idee, che è la conseguenza della distinzione delle due categorie dello spirito e della materia, si trova alla base della metafisica cristiana e dello spiritualismo ortodosso, e divenne più tardi il realismo della scolastica. Questa teoria ebbe un’ultima affermazione nella filosofia rosminiana. Trovare un nesso fra Giuliano e il Rosmini pare un colmo di stranezza, una specie di sacrilegio. Eppure, chi ben guardi, in fondo in fondo, il nesso intellettuale esiste, come esisteva fra Giuliano e quei teologi dei Concilî ch’egli aborriva e che poi lo hanno così ferocemente anatemizzato. È che gli uomini non si uniscono e non si dividono in ragione della somiglianza e del disaccordo delle loro idee. Si uniscono o si dividono, a seconda che il loro abito morale e le loro aspirazioni armonizzano o discordano. Il Cristianesimo e l’Ellenismo, per le idee e per le teorie che rappresentavano, si equivalevano. poteva essere diversamente, dal momento che attingevano al medesimo serbatoio di idee, rispondevano ad un medesimo momento dell’intelligenza umana. Ma queste idee non erano che vesti le quali coprivano delle tendenze morali completamente diverse, alle quali si adattavano in modo da parere errore umano da una parte, rivelazione divina dall’altra. Eppure era sempre la medesima veste diversamente piegata, o, con altra imagine, la medesima vivanda diversamente condita! Il Cristianesimo, il quale poneva nel mondo uno scopo di finalit

²⁰⁴ Zeller, V. 3, 734 sg. Che un uomo, come Sallustio, abbia potuto affigliarsi al cenacolo neoplatonico e seguirne le dottrine, ci prova come, sotto alla fioritura di fantastiche superstizioni, le quali poi erano, in fondo, l’espressione del bisogno religioso dell’epoca, esistesse un nucleo di pensiero e di sentimento sano e verace. L’Ellenismo morente non dava solo bagliore di luce torbida come quella che emanava dalla fantasia esaltata di un Giamblico e di un Massimo, ma aveva ancora una forza moralizzatrice, la quale gli conservava il favore e la devozione di molti fra gli uomini migliori e più colti. Non è vero che il meglio della societ

³⁰⁰ Iulian., 547. Bisogna, dunque, dire che la sua cortesia per Aezio avesse proprio solo un movente di simpatia personale, e non possiamo dedurre che Giuliano arianeggiasse, ciò che sarebbe stato veramente inesplicabile, dato che, nella corte semiariana di Costanzo, egli aveva avuto i suoi più fieri avversari. Tuttavia, il personaggio che destava, nell’imperatore, la più implacabile antipatia, si trovava nel campo opposto, ed era nientemeno che il grande Atanasio, il fondatore dell’ortodossia cattolica. Questi due uomini, geniali l’uno e l’altro, di cui l’uno rappresentava il passato e l’altro l’avvenire, l’uno l’Ellenismo risorgente, l’altro il Cristianesimo dominatore, erano incompatibili l’uno all’altro. Il fatto che Giuliano tanto si incollerisce contro Atanasio, che era stato una vittima di Costanzo, mostra che, malgrado la sua giovinezza, egli conosceva a fondo gli uomini e vedeva dove stava il pericolo. Egli sentiva che la forza del Cristianesimo non stava gi