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Il vecchio non sapeva mettersi in pace: un odio sordo s'alimentava di continuo in lui contro quello "spregiudicato usurpatore" ed era odio così implacabile che se solamente il professore passava per caso dinanzi alla trattoria di Tricesimo, dove il Morganti soleva bere la sua tazza di birra facendo con gli amici la partita a tresette, il suo viso diventava scarlatto e la vista gli si annebbiava da non distinguere più le carte che aveva tra mano.

E capitò al Caffè di Tricesimo proprio in momento buono. Don Morganti era più rosso del solito: per farsi passare il malumore della disdetta, che quella sera lo perseguitava accanitamente al consueto tresette, aveva gi

In mezzo a costoro, più fiero di tutti, col lievito di un vecchio rancore, che non aveva peranco potuto trovar sfogo, don Giovanni Morganti, il prete-archeologo di Collalto.

La buona Vige, chiacchierina sempre, volle condire a sua volta questo racconto con una serie di commenti così prolissi e con un lusso talmente abbondante di digressioni, che il professore, per quanto interessato dall'argomento, terminò per infastidirsi, mandando al diavolo il prè Morganti, tutti coloro che gli volevano bene e perfino la Vige, a cui, nel sentirlo a parlare in quel modo, eran venuti per i lucciconi agli occhi.

Ora quella mattina una ragazza di Collalto, capitata a trovare la Vige con cui eran da lungo amiche, le aveva, tra le molte storielle del suo villaggio, narrata pur quella di un magnifico tiro, che un certo suo parente, colono del prete Morganti, furbo trincato e maestro insuperabile di burle, aveva fatto un paio di giorni innanzi, e questa volta non gi

Basti il dire che un bel giorno, per far rabbia a don Morganti, gli venne il ticchio di imporre al suo grosso terranova il nome di prè Zuan, cosa che fece ridere di cuore tutto il paese e fruttò al magnifico cane una rinomanza quasi maggiore di quella procurata da Alcibiade al suo col famoso taglio della coda.

Senonchè il conte Leonardo, che, dopo l'effetto del suo razzo, ci teneva a mettere un altro po' di rumore in mezzo alla comitiva degnamente presieduta dal Morganti, lasciò andare sulla tavola un pugno così sonoro, che fe' saltare le carte e per poco non mandò in rovina bottiglie e bicchieri.

Si suol dire che al male facilmente si crede. In tesi generale è vero. Ma non manca, per onore degli uomini, anche chi, dinanzi all'aperta cattiveria altrui, protesti e si ribelli. Il degno don Morganti trovò alle sue manovre insidiose sostenitori conniventi ed inconsapevoli complici; ma trovò anche chi gli oppose non solo confutazioni piene di convinzione, ma anche calde e vivaci rimostranze.

Dell'essere rimasto soccombente nella memorabile e puntigliosa lite sostenuta contro il professore, il Morganti non tanto si risentiva ancora, quanto dell'atto di dileggio che quegli aveva voluto fargli col famoso battesimo del Terranova: origine di spassi clamorosi, che tuttavia, dopo tanti anni, si rinnovavano ancora a sue spese.

La storiella rimontava ad un paio di anni ed aveva avuto origine da un singolare processo che per il corso di molti mesi era stato argomento di ardenti discussioni in tutto l'alto Friuli. Si trattava di una querela sporta contro il professore Sant'Angelo al tribunale di Udine da un notissimo prete di Collalto, don Giovanni Morganti, a proposito del diritto di propriet