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La buona Vige a questo punto sarebbe stata ben lieta di poter mettere a sua volta quattro parolette nel discorso. Ma il professore non gliene lasciò modo: Bene, bene, bisogna accontentarla! disse brevemente, con l'aria di chi comincia gi

Ma non va bene niente affatto di spiare, come hai fatto tu, dal buco delle serrature.... La Vige chinò il capo tutta mortificata, buscandosi senza proteste quel piccolo rimprovero che sapeva bene di meritarsi.

Il padrone deve aver qualche gran brutto pensiero per il capo! aveva detto quella mattina la Vige alla signora Sant'Angelo. È da un pezzo che non è più lo stesso. Quando lo guardo, mi par tornato al tempo che la povera padrona vecchia stava male. Era tal quale, allora. Poi.... poi, è stata lei, signora, a far tornare la consolazione. E bisogna che faccia presto lo stesso, anche ora.

Ma questo pericolo per fortuna fu scongiurato e in pochi minuti Agnul si trovò lesto con la carrozza, così azzimato e liscio nel suo abito da festa che la Vige, uscita ad accompagnare la signora, non si tenne dal fargli i suoi complimenti, cui egli bisogna dire anche questo mostrò di accettare con molta modestia, ma non certo senza una visibile soddisfazione.

Uscì intanto dalla casa anche il Sant'Angelo, che si avvicinò al gruppo, trepidante egli pure e pallidissimo. Trassero di carrozza la giovane, che in quel mentre parve avesse ripreso conoscenza e, sostenendola fra le loro braccia, la trasportarono in casa. Quindi, senza per tempo in mezzo, l'ottima Vige e la signora Chiara la svestirono e la misero a letto.

Benone! esclamò il professore Mattia. Proprio quello che ci voleva! Il pasticcio di polenta che mi piace tanto e che la Vige quando vuole sa far così bene! Eh! oggi poi.... rispose la servetta tutta inorgoglita dagli elogi Agnul ha portato stamane dall'uccellanda dodici tordi così grassi e belli.... Vedr

Al Canto 31. del Paradiso, il grande Poeta, scrive le due terzine seguenti: «E se riguardi su nel terzo giro Del sommo grado, tu la rivedrai Nel trono che i suoi merti le sortiro.» e più avanti «O Donna in cui la mia speranza vige E che soffristi per la mia salute In Inferno lasciar le tue vestigie»

La Vige si fece alla finestra, socchiuse le imposte verdi che in causa del sole eran unite a libro, e, data un'occhiatina al di fuori, proruppe in un'esclamazione di meraviglia: Guarda, guarda! Prè Letterio.... Il professore, come udendo il nome di un amico desiderato e diletto, balzò in piedi: Prè Letterio! E seguito dalla mamma andò frettoloso all'uscio per incontrare il nuovo arrivato.

A Mattia, che con affettuosa premura venne a chiederle che cosa soffrisse, ella rispose forzandosi a trovare qualche frase scherzosa. altrimenti si contenne colla Vige, che le stava intorno continuamente piena di sollecitudine e di interessamento. Ma la Vige il professore rimasero per tal guisa tranquillati.

<<O donna in cui la mia speranza vige, e che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige, di tante cose quant'i' ho vedute, dal tuo podere e da la tua bontate riconosco la grazia e la virtute. Tu m'hai di servo tratto a libertate per tutte quelle vie, per tutt'i modi che di cio` fare avei la potestate.