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Prima di noi, in altre galere, egli aveva avuto sotto di Amilcare Cipriani e De Felice. Per ammazzare il tempo e impedire agli amici di pensare che stavamo per diventare dei numeri di matricola, mi misi a narrar loro la fuga del principe Krapotkine dall'ospedale dei detenuti di San Nicola di Pietroburgo. Fu un grido unanime di protesta. Era una fuga che sapevano tutti a memoria.

Entrato nella camera, e ammesso alla presenza di tre ufficiali, uno dei quali aveva il grado di maggiore. Aminta Guerri disse il suo nome, la patria, e che volesse da loro. Aveva le carte e le mostrò; fu misurato, esaminato, approvato; ebbe un numero di matricola, fu consegnato ad un sergente, perchè lo conducesse con altri al magazzino del vestiario.

Di mattina, era addetto al medico. Registrava la medicina da mandarsi a prendere. Dopo, andava per le camerate a raccogliere le ordinazioni mangerecce, e nel pomeriggio, fino magari dopo la mezzanotte, rimaneva con un galeotto perpetuo a preparare gli specchietti del movimento amministrativo quotidiano. Il suo numero di matricola era il 2107.

Un dischetto d'alluminio col numero 11 matricola e il numero 22 colombaia brillava sulla zampetta sinistra. Lo presi nelle due mani anch'io, e una tenerezza acuta, dolce, amara, mi portava quasi le lacrime agli occhi nel sentire battere con ritmo rapido quel piccolissimo cuore di bell'uccello veneto gi

Essa ha ancora un capo, console, e dodici consiglieri, fratelli. I suoi statuti sono chiaramente esposti in un volume in pergamena di sessanta fogli: datano dal 1308, ma nel 1492 furono tradotti dall'originale latino in italiano. Trascrivo il principio di questo documento: «El prohemio della matricola de sartori: capitolo I.

Ogni mattina si doveva sciogliere il problema come si poteva vivere all'indomani con 25 centesimi, se si era condannati alla reclusione come il 2555 e il 2556, o con 35 centesimi se si era condannati alla detenzione come gli altri numeri di matricola della nostra camerata. Il 2555 rinunciava di solito al vino. Un quarto di vino costava nove centesimi. Era del lusso.

So che gli si doveva comunicare qualche risposta ministeriale a una sua domanda e che la comunicazione gli era stata fatta in un modo brutale o da fargli capire ch'egli non era più che un numero di matricola.

Se mi risovvengo dei miei trascorsi gli è per punirmi con una serqua di vituperi. Con gli altri, sono indulgente. Trovo in ogni loro delitto una scusa. Nell'Herra non c'è nulla del Roberto Macaire. Non ne ha l'astuzia, l'inquietudine, l'audacia. È in cella come un rassegnato. Egli è caduto come una ragazza che si lascia abbracciare con un bacio lungo. Lo aspettiamo alla matricola.

Il mio compagno all'ufficio di matricola è stato castigato stamane con dieci giorni di camicia di forza. La sua mancanza era grave. Aveva dato uno schiaffo a un collega che lo aveva accusato di poltroneria in questi giorni che non abbiamo avuto tempo neanche di dormire! Era qui con me da diciannove mesi. Lavorava come un negro ed era forse, tra noi, il più intelligente. Dopo un semestre di tirocinio gratis il suo «stipendio», per un lavoro di diciotto ore sulle ventiquattro, era di dodici lire il mese. Aspetti a dire che non c'era male. Perchè il governo, sulle dodici lire guadagnate dal detenuto, se ne prende sette e venti. Non ho mai capito perchè il governo si trattiene sui guadagni dei carcerati il sessanta per cento. Per me è una truffa. E lo dirò sempre anche se si tenter

Il sei settembre, il giorno in cui ci rase i baffi, era commosso come un minorenne perduto nel buco di una cella di rigore. Egli sapeva che cosa volevano dire questi crepacuori. Nei baffi era l'uomo. Radendoli, radeva il cittadino e non lasciava dietro il rasoio che un numero di matricola. Eravamo in sette e l'operazione durò più di un'ora.