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Nel 1706, ducando Alvise Mocenigo secondo di questo nome, per sopperire a' bisogni del commercio ne' possedimenti di Dalmazia e d'Albania, fu decretato lo stampo di una nuova moneta da lire venete 4, in uno a' suoi spezzati da lire 2, 1 e da soldi 10 e 5. Dal nome del doge che primo ed unico la mise fuori fu detta [I[leone Mocenigo]I], a distinguerla da altra moneta di maggior peso e valore battuta pel Levante che dal doge che primo la fece stampare si era chiamata [I[leone Morosini]I]. Tuttavia le succitate memorie di zecca del 1749 non la chiamano con altra appellazione che quella di [I[monete nuove per la Dalmazia]I]. L'argento in cui la si volle coniata aveva di peggio 450 carati per marca, era cioè inferiore di k. 100 di fino a quello impiegato nelle lirette; era quindi al titolo 0,609377, o della bont

Qui nel mio seggio in legno di castagno Io sono quel che son, i birbi sanno Che sol trecento e trentatre guadagno Lirette magre quanto lungo è l'anno. Non sanno i punti che nel vecchio tema Dello sdruscito ferraiol ricamo: E note son che valgono il poema, Come fa lei coi classici, mettiamo.

Che altro? Soltanto questo: che il cugino usciere, sapendo il pittore ricco di dugento mila lirette, si affretterebbe a buttargli nelle braccia Cristina cara, Cristina bella. E perchè all'idea di avere l'amor suo per questo mezzo, Giusto si sentì venire uno scrupolo?

Quell'uomo ingegnoso, fatto il calcolo che i Cenacoli di Giusto pagati a peso d'oro dovessero dargli molto più companatico che un artista di modesto appetito possa digerire, intimò subito una tassa di ricchezza mobile per una somma enorme, dugento lire annue, da pagarsi in sei rate uguali ogni bimestre, facendo risalire l'obbligo del pagamento a tre anni innanzi per mancata denunzia; insomma uno scapaccione di ottocento lirette.

La signora Maddalena non poteva immaginarsi che quelle dodici lirette erano state rosicchiate in tanti confetti dai candidi dentini di mademoiselle Fanny. Dovrò partire, quando? demandò il giovanotto, che voleva finirla; anche per trovarsi solo ed essere padrone del suo dolore, per sfogarsi, per piangere. Partirete... quando avrò la risposta del Rosasco: gli scrivo subito. Andate.

Giusto, fatto bene il conto, non fece istanza di sorta, e almeno risparmiò la carta bollata. Ma bisognava pure pagare le ottocento lirette, se gli premeva fare quasi ogni giorno la cena e tre volte l'anno un cenacolo.

I primi passi erano fatti: la riputazione se l'era acquistata, aveva la casa, aveva un bel podere, una cinquantina di lirette al mese ricavava dalle lezioni, due tarì al giorno dalla messa; oltre gl'incerti, come essere nozze, accompagnamento di morti, vespri e via discorrendo, senza contare il ben di Dio che gli mandavan gli amici, i galletti delle penitenti, i dolci del monastero.