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Badate dunque, ripigliò l'Omobono, di far che nessuno sia posto in compromesso. L'amico, lo conoscete, è un magricciuolo, uno scempio, che con un buffetto gli fate baciar la terra. Tutto va bene; ma, il sapete, che io non m'immischio in nulla, disse il compagno facendo tonda e grossa la voce, se non ci va dell'onore.... È un affar d'onore, ve lo dico io.... un grosso affare....

Se non che l'Omobono, il quale continuava a fare il paciere, rimestando, con gesti d'orrore, la storia di quel ch'era stato, punto forse dalla brama di veder più presto messo in muda Damiano, profferse generosamente la vettura da lui noleggiata, che stava aspettando, a pochi passi dall'osteria.

E in tal punto l'Omobono s'incontrò nel fratello tutto chiuso nella cappa e coperto dal cappello a falde. Il principio fu buono, Elia, e la moltitudine ha viscere. Lo vedo e son contento; ma lo sospettavo. E il cielo par che ci ajuti colle sue tenebre. Pare. Ma il conte? È qui. Ed i soldati? Sono in Milano travestiti da contadini. Dunque s'ella è respinta e il governatore sta ostinato?...

Il quale, dal canto suo, bisogna dire che avesse subodorato qualche cosa di questa pia trama; poichè, qualche ora prima, al punto di sedere a tavola, al fido suo Rosso, venuto a fargli non so che misteriosa imbasciata, aveva risposto: Fa domandare l'Omobono domani mattina; e la vedremo! Capitolo Ottavo

Dunque m'avete ben capito, signor Martini.... diceva l'Omobono. Eh! che mi rompete il timpano con questo vostro signor Martini a ogni minuto? Via! non andate in bestia. C'è bisogno di fare il nome alla gente?

N'ho vedute delle altre, io, a fare una eccellente riuscita; perchè, m'intendo bene, voi pensate di trovarle un marito, a quel che m'avete detto.... Sicuro, sicuro, a suo tempo.... brontolò l'Omobono. Quand'è così, chiudo un occhio sul resto; poichè tutti sanno che io sono una donna onesta.... E se non fosse per fin di bene....

Era costui il cavalier Lodovico; il quale, come volle il caso, spesso meno incomprensibile che nol sia la cattiveria degli uomini, s'era, come l'Omobono, giovato della vecchia pegnataria, per riuscire a far conoscenza colla bella fanciulla.

Ora la vista del signor Omobono le mutava quel dubbio in certezza; essa trovavasi in faccia di colui ch'era stato l'artefice di tutte le sue disavventure. L'Omobono fermossi con atto contegnoso, poco discosto dal canapè, dal quale la fanciulla non aveva avuto forza d'alzarsi. Mi conoscete, diss'egli? Oh dove mai vi trovo! Ma, io vi sono amico, non temete di nulla, povera giovine!

Innanzi alla bottega del merciajo Burigozzo, il quale aveva perduto alquanto della sua parlatina e se mai sentiva bisogno di sfogo, non si attentava di parlare che tra visi ben noti e dopo avere esplorato d'ogn'intorno con gran precauzione stava un crocchio piuttosto denso d'uomini che all'apparenza indicavano robustezza fisica e gran risolutezza; fra costoro trovavasi l'Omobono, fratello del Corvino, e quel fallito beneficato da Manfredo.

La vecchia pegnataria, la quale soleva chiudere un occhio sopra tal sorta di negozii, e compativa le fanciulle che avessero dato un'inciampatella, volle tener a bada tanto l'Omobono che il bel signorino; e si guardò bene dal parlar coll'uno o coll'altro di ciò che sapeva.