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Filocrate, ritornato di Spagna, piú che mai nel suo amore acceso, per entrare in casa di Lúcia e non esser cognosciuto, viene in abito di pelegrino dimandando limosina in lingua spagnuola; ed è a la fine da la madre accettato in una corte come pover'uomo: ove, con Demofilo socero di Calonide, entra ne le lodi de l'imperatore e di piú principi.

FILOCRATE. Non mi par giá cangiata. Oh! Dio volesse che non ci avesse visto! Iddio ti guardi, madre. Quanto m'allegro di vederti cosí di buona voglia! ch'istanotte non ho dormito mai, del dispiacere ch'ebbi, perché pensai che ci vedesse Demofilo, iersera. CALONIDE. Anzi, ci vide: e me ne dimandò; ma tanto seppi bene acconciarla che poi non disse altro.

DEMOFILO. Gli è certo: ché sempre, uniti i capi de le cose, stanno unite anche lor; tanto piú quelle che da quelle son rette e governate come è 'l mondo da lor. Portali cena; ché passa il tempo, cosí, ragionando, che non si vede.

FRONESIA. Potria dire cosí, tre , che non lo intenderei se non per discrezione. CALONIDE. Io non saprei giá parlar come lor; ma diria poche cose che non l'intenda perché, inanzi che Lúcia fosse grande, n'ha Demofilo sempre tenuto in casa di scolari quasi tutti spagnuoli. FILOCRATE. Mi señora, tiengo a vos sola de ablar dos palabras. CALONIDE. Tiratevi da canto. Volentieri. Di' 'l tuo bisogno.

DEMOFILO. Ai tempi nostri non si ricorda che, da Adamo in qua, sia nato alcun dal ciel piú largamente dotato e favorito e sovr'ogni altro fatto felice; non cavando alcuni passati imperatori o capitani.

Ed io vado a Demofilo a pregarlo che voglia esser contento, tanto che ti riabbi d'esto male, che ti stia qui. FRONESIA. In vero, m'ha ben cera d'uomo da bene: me ne crepa il cuore. Tristo a quel che si truova in tal disgrazie sbandonato da tutti! Cosí suole far la fortuna: nulla è, in questo mondo, di fermo che 'l ben far. Par che simigli una persona e non saprei dir chi. Ecco 'l messer.