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E, alla scoperta, baciavo Lidia lungamente e andavo con lei in barca, la sera, remando io, sotto il pulviscolo lunare, ch'era tutta una retorica. Una notte ch'ero penetrato nella camera di Lidia, questa si svegliò, mi prese le mani dicendo: Sei tu, ? Che fai? E tu, chi sei? Io? Io sono la tua bimba, la tua bimba piccola! ella rispose colla voce assonnata.

Quelle ore lunghe, eterne del Caffè, erano proprio un supplizio per la povera Agnese. Non sapeva come stare, come muoversi, dove guardare, che cosa rispondere ai professori che la interrogavano, tenuta sempre in una gran soggezione dalle occhiatacce e dai cenni stizzosi della signora, che la bambinaia studiava attenta, spaurita, ma che non riusciva a capire, perchè non indicavano mai le stesse cose. E rimaneva muta e sgomenta, cogli occhi imbambolati, rossi e gonfi, per il gran piangere che aveva fatto durante il giorno. Soltanto sulla faccia assonnata del conte Venceslao ella intravedeva, qualche volta, uno sguardo benigno di compassione! e la bimba avea preso a voler bene al signor Conte, e gli era grata anche di quella timida e inefficace piet

Finalmente l'uscio s'aprì, ed entrò una balia assonnata, con aria di cattivo umore, e fra le braccia, serrato nel portabimbi, un fantolino di pochi giorni che gemicolava ancor esso, quasi alla pari di sua madre nell'agonìa. Gli occhî di quest'ultima s'illuminarono d'un lampo di vita.

Il signor commendatore non dormiva; vegliava, ma colla mente assonnata e senza aver coscienza di ciò che gli stava dintorno. Il fruscìo delle vesti di monna Zita e l'immagine di lei, che venne d'improvviso a pararglisi davanti, gli fecero spalancar gli occhi e tornare lo spirito alle cure del presente. Che è? domando egli, scuotendosi. Signora Zita, è proprio lei? Son io, signor padrone, son io.