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Parlando della montagna, l’aggettivo che meglio combina col sostantivo estate è quello di sonora. Calda sulle Alpi l’estate non è da per tutto sempre, verde nemmeno; la grande estate dei classici non mi pare possa salire oltre i cinquecento metri d’altezza, convenire a luoghi angusti e nettamente limitati. Arsa l’Alpe non è quasi mai e mai la valle. Bionda non può essere una terra dove i pochi campi di biade sembrano piccole pezzuole stese al sole in un prato immenso; mentre invece dalle punte più ardue del Monte Bianco e del Monte Rosa fino all’ultima falda delle montagne (montagne, non colline), digradanti al piano, la stagione estiva canta, mormora, bisbiglia, echeggia, rimbomba, e tralascio l’infinita variet

Quattordici i numeri del periodico, quattordici i dialoghi, occupanti sempre o quasi sempre tutte le otto paginette, all’ultima delle quali era fatta la grazia d’una breve notizia di agricoltura, un appunto, o un consiglio di medicina.

Caratteristica la figura di Mariano Scasso, sulla quale piacquesi di barzellettare anche il Meli. Ingenuo nel credere, inabile a combattere le altrui opinioni, D. Mariano dava ragione all’ultima da lui udita, quando non cercava di conciliarle tutte senza accorgersi che non ne accordava nessuna; e cedea alla mobilit

Quando il maestro Zecchini, dopo di averlo accompagnato all’ultima dimora, fu di ritorno in casa Bonifazio, per rendere conto della sua mesta missione, la signora Maddalena asciugandosi gli occhi gli disse:

Null’altro che vaghi ricordi tradizionali. Una frase del dialetto parlato accenna all’ultima forma nella quale pare essersi ridotto il privilegio. Chi spinte o sponte faccia delle spese eccessive o superiori alle proprie forze, e sia o si presuma o voglia farsi credere nella via della rovina finanziaria, dolendosi di chi o con chi sia causa continua del minacciato disastro che lo porter

Il viaggiatore non distolse gli occhi da quella casa diletta che all’ultima svolta lontana della strada, e vide ancora un fazzoletto bianco che sventolava fra quel gruppo d’alberi, dove aveva lasciato il suo cuore. Rientrò all’albergo di Brianza raccontando le meraviglie vedute nelle sue gite agricole, nominò tutti i paesi, meno quello dove aveva soggiornato, e partì per Milano carico di sementi. Di l

Un giorno il Vicerè Caracciolo, scontento anche dei teatri, persuase i patrizî a costruirne di sana pianta uno nuovo fuori Porta Macqueda. Tra quei patrizî erano Senatori: e fu appunto il Senato l’interprete o esecutore dei desiderî di S. E. Si fece il disegno, si stabilì il luogo dell’edificio e fu anche detto più tardi che le somme occorrenti sarebbero state prese dai fondi amministrati dalla Deputazione per le strade di Sicilia⁵¹. Ma all’ultima ora, quando si trattò dell’attuazione, nessuno osò avventurare il Comune in una opera non creduta necessaria. Se non che, quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini: ed i Barberini o barbarini furono gli allegri amministratori della citt

e ripeteva questi due versi intercalari, strofa per istrofa, fino all’ultima: Stu prudigiu di munnu Pri ’n eternu ’un tocca funnu; Liunardu lo nnomu; Resta sempri di grann’omu; Liunardu sulu ha statu Ca li nuvuli ha tuccatu; La forza a tantu arriva. Liunardu viva viva! Viva viva la sua virtù! Un omu di terra ’nta l’aria fu!