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Allora?... In quello stato... Dimani, i domestici... tutta Parigi... Comprendo. Fate depositare codesta roba in casa del signor d'Alleux, mio cugino, stradale Santa Maria, e riconducetemi all'ambasciata, principe. Parigi, vista a quell'ora, a piedi,

Così favellava Carlo, insolente per arte e per natura, Un Cavaliere del séguito di Giordano, il quale teneva lo scudo traverso del petto a bello studio, affinchè meglio si vedesse, e su lo scudo mostrava il fulmine, che, cadente dalle nuvole, abbatteva una torre, col motto da man celuta scende; il nostro Ghino insomma, il quale si era fatto aggiungere all'ambasciata, e per disprezzo, od anche per iattanza (imperciocchè questa sia il pelo vano della bravura, come il timore della prudenza), portava quella insegna, onde i Cavalieri francesi riconoscessero in lui il vincitore del torneamento di Roma, mal comportando il superbo parlare esclamava: «Sire Conte, da quel valente uomo che siete, accettate la tregua, che in verit

Ah, ecco: mi sarei fatto condurre all'ambasciata, dove qualcuno, un segretario, un addetto, avrebbe saputo dire chi ero. Passando dinanzi ad un negozio di abiti fatti, vi entrai per comprare un soprabito.

Volse i suoi pensieri all'ambasciata del portinaio: si perdeva in mille congetture, e man mano che si avvicinava l'ora del misterioso colloquio, cresceva la sua impazienza. Il sole finalmente tramontò: sentì appostare le sentinelle, ed appena giunse Annetta, che doveva accompagnarla, scesero insieme.

Quando il principe la lasciò, per discrezione, Alberto Dehal che assisteva anch'egli a quel ballo e che l'aveva covata degli occhi senza volgerle la parola, come fatto aveva all'ambasciata d'Austria, le si accostò. Madama, vorreste farmi la grazia di un giro di walzer? chiese egli con voce commossa. Volevo riposarmi, signore rispose Regina ma a voi non posso rifiutare. Levossi.

I più belli che si siano veduti mai a Rotten-Row, a Londra. Giuoca allora? Lo si è visto, all'ambasciata d'Inghilterra, perdere tre o quattro mila luigi al whist parlando di scimie col barone di Humbold, assiso accanto a lui. Ma allora che si dice di lui? chiese il re, il quale aveva forse una ragione ad un'altra in questa investigazione persistente e minuta.

Esaltati da questa logica, re Comodo V ed il principe di Celle videro nella nomina del duca di Balbek all'ambasciata di Parigi, non solo il prezzo di un servizio reso, ma un atto di eccellente politica.

«Venerdì. Un cashmire di 6000 fr., che io ò scelto al Persan. Entriamo nella regione del credito, m'immagino. Si fa mandare le note all'ambasciata, e compera a nome di sua moglie. Sera e notte di soprassalti. Mi

Lo si rimarcò in seguito al club ove pranzò e giocò gaiamente. Morella gli fece i suoi addii alle dieci. Alle undici, egli rientrò all'ambasciata, per la porta secreta del giardino e la scaletta a chiocciola che metteva capo alla terrazza della stufa, poi per il balcone del boudoir di Vitaliana s'intromise in camera sua.

Ella lo ricercò, dopo soli tre giorni: ed egli che l'aveva fuggita per quattro o cinque anni, da quando Clara, dopo un lungo viaggio, era ritornata in patria, egli si lasciò ricercare e tenne l'invito. Fatalmente, Clara era troppo sola e troppo libera, adesso. Gli aveva scritto un biglietto fra il malinconico e scherzoso, per dirgli che la sera istessa sarebbe andata al vecchio teatro Argentina, dove cantavano una vecchia musica, l'Armida, di Glück. Ella vi arrivò prima. Vi era un gran ballo, quella sera, all'Ambasciata d'Inghilterra, e tutta la grande societ