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Attenti! grida Gianni per la seconda volta. Uno!... Due!... Tre! Ghegola pronto tira il grilletto.... il colpo parte.... Aimoni, colpito, gira su se stesso, poi cade fra le braccia del suo padrino. Foscarini, i medici, i testimoni, gli corsero tutti d'intorno per soccorrerlo; soltanto Ghegola non si mosse. Egli s'era fatto bianco, quasi livido: pareva un cadavere.

Caricate le armi, i due padrini si avvicinarono e le misero in pugno ai loro primi, che col braccio piegato ascoltarono le solite raccomandazioni, senza batter ciglio. Attenti! gridò Foscarini, e fece l'atto di cominciare a batter le mani. Ghegola tranquillo, impassibile, continuava a sorridere. Era bello di coraggio e d'audacia; tanto bello, che lo stesso Aimoni si sentì costretto ad ammirarlo.

Ghegola e Aimoni vi giunsero quasi nello stesso punto. Aimoni un po' pallido, serio, ma sicuro; Ghegola saltellante, sorridente, con una parlantina ed una disinvoltura tutt'altro che forzata, distribuiva saluti e strette di mano ai medici, ai testimoni dell'avversario, e per poco, nell'effusione, non complimentava anche il brumista che l'avea condotto sul luogo.

Certo credevano tutti, che Menico Ghegola non avrebbe mandato giù in santa pace un'offesa tanto grave; e Marino Aimoni, così si chiamava il provocatore, pregò in anticipazione due suoi amici perchè fossero pronti a rappresentarlo appena il Don Chisciotte lo avesse mandato a sfidare.

Gli tremavano le gambe, il terreno gli cominciò a girare sotto gli occhi, poi tutto all'intorno gli alberi vicini e le colline lontane; e finì anche lui col cader per terra, senza dir motto, lungo disteso. Aimoni ebbe forata una spalla parte a parte, e rimase a letto per una quarantina di giorni; ma dopo potè dire d'averla scappata bella, che i medici, dapprincipio, lo davano come spacciato.