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Aggiornato: 18 luglio 2025


Ne son convinto appienorispose Villefort; «ed approfitterò molto volentieri delle vostre gentili profferte.» E dopo i soliti complimenti, se ne partì.

Nell'intervallo, il conte di Villefort e Bianca avevano passato quindici giorni nel castello del barone di Santa-Fè. Avevan fatte molte gite ne' Pirenei ed ammiratene le bellezze.

Villefort aiutò egli stesso a staccare il parato di tutte le stanze, per iscuoprire se nascondeva qualche apertura, ma tutto indarno. Egli si ritirò dunque dopo aver chiuso il salotto, e messasene la chiave in tasca. Diede ordini pressanti perchè si cercasse Lodovico fino ne' dintorni, e si ritirò con Enrico nel suo gabinetto, ove restarono un'ora circa.

Il barone di Santa-Fè, inquieto per l'amico, non avendo potuto chiuder occhio in tutta notte, erasi alzato di buonissima ora. Andando per notizie passò vicino al gabinetto del conte, ed udì camminare: bussò, e venne lo stesso Villefort ad aprirgli: lieto di vederlo sano e salvo, il barone non ebbe tempo di osservarne la fisonomia straordinariamente grave; le sue risposte riservate però ne lo resero ben presto accorto. Il conte affettando di sorridere, rispose evasivamente alle di lui interrogazioni; ma il barone divenne serio e così pressante, che Villefort, preso allora un tuono deciso di gravit

Torniamo ora in Linguadoca, ed occupiamoci del Conte di Villefort, lo stesso che aveva ereditato i beni del marchese di Villeroy, in vicinanza del monastero di Santa Chiara. Rammentiamoci che quel castello era disabitato, allorquando Emilia si trovò in quelle vicinanze con suo padre, e che Sant'Aubert parve assai commosso, allorchè seppe di trovarsi così vicino al castello di Blangy. Il buon Voisin aveva fatti discorsi molto allarmanti per la curiosit

Villefort le rispose che, se credeva avere forza bastante da sopportare questa scena, credeva utile ad ambedue di accelerarla. La fanciulla rispose all'amante che acconsentiva a vederlo, e procurò in seguito di raccogliere le forze ed il coraggio di cui aveva tanto bisogno per sostenere un colloquio che doveva distruggere le sue più dolci e care speranze.

La sera, dopo cena, Villefort s'incamminò con Enrico all'appartamento del nord, accompagnato dal barone, da Dupont e da alcuni domestici, che gli augurarono la buona notte alla porta. Tutto era in quelle stanze nel medesimo stato come dopo la sparizione di Lodovico. Essi furon costretti ad accendere il fuoco da , poichè nessuno si era arrischiato a venire fin l

Dopo una lunga pausa Villefort soggiunse: «Mi accorgo dei vostri dubbi, e li trovo naturali; è giusto ch'io vi dia la prova di quanto ho detto, eppure nol posso senza esporre qualcuno a me sommamente caro. Cosa temete, signoredisse Emilia; «se posso prevenirlo; affidatevi al mio onore.

I nostri spettri son troppo inciviliti per condannare una signora ad un purgatorio più crudele del loro, qualunque esso siaLa Bearn si mise a ridere; entrò Villefort, e fu servita la cena.

Il giovane arrossì, guardò Villefort con fierezza, quindi Emilia con espressione di dolorosa sorpresa, poi raccogliendosi alquanto, soggiunse: «Ebbene, verrò, signora; approfitterò del permesso del signor conte.» E fatto un leggiero inchino, si allontanò.

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