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Aggiornato: 3 giugno 2025


Caminamo: ch'io voglio che tu vadi poi insino a casa di Filippa e che concludi el tutto. E promettegli ciò ch'ella vuole. RUFINO. Se io gli prometto ciò ch'ella vole, noi stiam conci! CURZIO. E perché? RUFINO. Per ciò che non gli basteria un papato. CURZIO. Se intende ch'ella abbi a chiedere cose possibili e non quelle che non si ponno.

Si vole che, come io sia in Banchi, tu te ne vadi fino a casa sua e che gli dichi ch'io non mancarò di andarvi per ogni modo stanotte e portarogli e' dinari. RUFINO. Cosí farò. Ah! ah! ah! CURZIO Che hai? di che te ridi? RUFINO. Rido, ché voi gli volete dare quelle cose che sète incerto di avere. CURZIO. Come ch'io ne sono incerto? Anzi, el contrario.

Dunque, per cui, quanno mi fa er braccetto, Si sta notata la vo' fa' pulita, Lei bisogna che nun s'affanni er petto. Lei vadi naturale. Vadi sciorto... Basta, che si er Signore ce d

Deh! perchè non è meco il sacro volto dovunque io vadi, o per sole o per ombra, ch'avria forse men forza al cuore il fuoco e soffrirei più lieta ogni mio vampo; ma puote solo un raggio del mio sole farmi beata ne gli ombrosi boschi.

RUFINO. Bastaria che voi li avessevo in cassa. CURZIO. Per mia , che, se io fossi certo d'andargli accatando, son per trovargli. Vadi el mondo come vole, che me delibero de non gli mancare. RUFINO. , se potrete. Andate pur . CURZIO. Io poterò per certo. Non sai tu che Amore fa i seguaci suoi ingeniosi e scaltriti? Ma maledetto sia el signore ch'è cagione d'ogni mio danno!

Quand'io mi fui umilmente disdetto d'averlo visto mai, el disse: <<Or vedi>>; e mostrommi una piaga a sommo 'l petto. Poi sorridendo disse: <<Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice; ond'io ti priego che, quando tu riedi, vadi a mia bella figlia, genitrice de l'onor di Cicilia e d'Aragona, e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice.

Seguitate con amore A fa' li vostri studî co' giudizio, Che quanno ve levate quarche vizio, Come v'ho detto, sete un professore. Però nun v'esponete. E, verbigrazia, Quanno che ve buttate, state attento Perchè nun ce vo' gnente 'na disgrazia! Anzi, vede, nun è pe' mette' bocca, Ma si lei nun vo' avé' quarche spavento, Lei vadi sempre indove ce se tocca. Dice: Lei dove va?

LISTAGIRO. Sta' in cervello, ch'io te la do istasera in ogni modo anzi che vadi al letto; e poi l'avrai, ogni sera, invisibile. E potrebbe venirti ancora in odio per il troppo, ché sei pur vecchio. GIRIFALCO. Averò prima in odio quest'occhi, questa vita e queste membra che quel bocchin. LISTAGIRO. Ci penserai poi tu. Quanto tempo è che non sei confessato? ché questo impediria.

OLIMPIA. È bisogno ch'or ora tu vadi a Salerno a trovar Lampridio mio e dargli questa lettera dove è scritto l'inganno ch'abbiamo ordito, e che non manchi tosto esseguirlo.

ARTEMONA roffiana, TIMARO, CRISAULO. ARTEMONA. Ta, ta. Saran tutti a letto. Piace anche a me 'l dormir. TIMARO. Chi batte giú? ARTEMONA. Amici. Apri: son io. TIMARO. Pare una donna. E chi sei tu che vai cosí a quest'ora? Oh brutta vecchia! Se non par la strega che vadi in corso! ARTEMONA. Dimmi: ove è Crisaulo? TIMARO. E che buona faccenda? qualche polli, cosí a buon'ora?

Parola Del Giorno

s'alceste

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